La paradossale sapienza di Dio che chiama e redime i peccatori

La premessa

Senza il sacrificio di Gesù non si può declinare il senso della speranza. Giusto e importante capire il costo della croce, tuttavia dobbiamo anche chiederci le ragioni dietro ad essa. Se Dio rigenera e porta in vita peccatori morti nelle proprie disgrazie, se converte il cuore delle persone, se giustifica i colpevoli, se accoglie come suoi figli persone che erano lontane, se santifica attuando una trasformazione radicale, se fa perseverare fino alla fine e porterà in gloria, dobbiamo chiederci: perché lo ha voluto? Qual era lo scopo di preparare fin dall’eternità Cristo al fine di sacrificarlo sulla croce per la nostra salvezza?
Come vedremo dal brano 1 Corinzi 1 quando si parla di salvezza di Dio si evidenzia soprattutto la sapienza che c’è dietro. Una sapienza che ha del paradossale e che chiama a salvezza uomini e donne morti nei loro peccati e impossibilitati a cambiare rotta della propria esistenza, immersi nel fango della loro vita orribile.

 

La definizione

Questa è la definizione che emerge dal brano che tra poco leggeremo. Ma occorre capire se è legittima:

v.1:1 Paolo, chiamato a essere apostolo di Cristo Gesù per volontà di Dio, e il fratello Sostene, 2 alla chiesa di Dio che è in Corinto, ai santificati in Cristo Gesù, chiamati santi, con tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore loro e nostro: 3 grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo.

Paolo si identifica e dice subito al v.1 di essere stato “chiamato ad essere apostolo” per volontà di Dio. E si rivolge alla chiesa di Dio in Corinto, v.2, ovvero ai santificati (cioè a coloro che Dio ha messo da parte) chiamati appunto santi. Per due volte ripete la parola “chiamati”, e lo fa proprio per esprimere una qualifica. La chiamata è un’opera che li accomuna. Entrambi sono persone a cui è stata rivolta una chiamata salvifica proprio da Dio (v.1). E’ un aggettivo “kletos” che evidenzia proprio uno status derivato da un dono di Dio. Stessa cosa la ritroviamo anche al v.24: i chiamati (cioè quelli che sono caratterizzati da una chiamata) tanto Giudei quanto Greci a loro è predicato Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio.

Anche Giovanni in Apocalisse 17:14 usa la stessa parola:

Combatteranno contro l’Agnello e l’Agnello li vincerà, perché egli è il Signore dei signori e il Re dei re; e vinceranno anche quelli che sono con lui, i chiamati, gli eletti e i fedeli».

Anche in Giuda 1:1 troviamo la stessa parola

 

Anche Romani 8:28 conferma la stessa idea con sfumature leggermente diverse:

Or sappiamo che tutte le cose cooperano al bene di quelli che amano Dio, i quali sono chiamati secondo il suo disegno

Ci sono quindi due categorie distinte di persone. E un cristiano non è altro che una persona che, a differenza degli altri, è un chiamato a salvezza. Qualcuno verso cui Dio ha rivolto inspiegabilmente una progettualità e un amore unici!
L’enfasi è tutta su Lui perché, come dice Paolo sempre in questi primi tre versetti, tutto viene da Dio. Cita infatti la chiamata salvifica e, al v.3, la grazia e la pace. Tutti questi doni vengono solamente da Lui! Lontano dal Signore nessuno può essere salvato, nessuno ha scampo nessuno può vivere la vera pace. Fino a che le persone non lo accolgono per fede non possono godere di alcun beneficio. La speranza della salvezza appartiene al Signore.

Tutto ciò genera un impatto fortissimo nella vita di un salvato. Prendiamo come esempio la vita di Paolo. Prima di conoscere Cristo era un violento e cercava di far prevalere le proprie ragioni perseguitando i cristiani. Ma dopo aver conosciuto Gesù venne trasformato nel più grande araldo della fede! La chiamata a salvezza cambia la vita. Non possiamo ammettere l’idea che Dio salva ma poi la gente rimane come prima. Questi versetti lo dicono chiaramente.
E pure i v.4-9 lo sottolineano chiaramente dicendo che la chiamata del Signore sfocia anche in una vita arricchita di tutto:

4 Io ringrazio sempre il mio Dio per voi, per la grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù; 5 perché in lui siete stati arricchiti di ogni cosa, di ogni dono di parola e di ogni conoscenza, 6 essendo stata confermata tra di voi la testimonianza di Cristo; 7 in modo che non mancate di alcun dono, mentre aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. 8 Egli vi renderà saldi sino alla fine, perché siate irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo. 9 Fedele è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, nostro Signore.

v.4 Io ringrazio Dio perché, attraverso Gesù Cristo, vi ha concesso la grazia di essere arricchiti di ogni cosa, compreso il fatto che, v.5, potete testimoniarlo efficacemente attraverso il dono della parola e potete conoscerlo pienamente attraverso il dono di conoscenza che vi ha confermato (v.6). Tutti i suoi doni servono per equipaggiare la chiesa, v.7, affinché non le manchi nulla mentre aspetta il suo ritorno.
E poi continua, e al v.8 dice che proprio Colui che ha fatto questa grazia li renderà pure saldi fino alla fine, cioè li farà perseverare fino alla fine.
Questo è il Dio fedele che Paolo esalta: v.9 Fedele è dunque questo Dio meraviglioso! Tutto Gli dovete! Perché vi ha chiamati alla comunione cioè a prendere parte a questa relazione particolare con Cristo!

Importante capire il senso di questi primi 9 versetti. Paolo sta dicendo che la Sapienza di Dio che chiama a salvezza i peccatori è importante non solo perché salva, ma trasforma, conferisce grazia, dona pace, arricchisce di ogni sorta di doni spirituali, fa tenere duro anche quando le circostanze sono avverse. C’è una vera e propria rivoluzione quando pensiamo alla salvezza in questi termini! Paolo ci sta dicendo cari Corinzi e cari cristiani di oggi Dio è all’opera! Continua ad essere fedele! La sua chiamata è così efficace che tutto di voi è influenzato dalla sua opera.

Forse però non sembra così. La situazione a Corinto infatti era complicata perché i membri della chiesa erano divisi e altri vivevano una vita immorale. Ma in un certo senso potrebbe essere lo stesso per noi oggi, perché anche se siamo stati convertiti da tanto tempo, è possibile ritrovarci in dinamiche di vita che non vorremmo. E’ Possibile vedere pochi passi in avanti nel nostro cammino. Spesso soffriamo e facciamo soffrire con cadute e peccati poco onorevoli. Ma considera questo: se il Signore ti ha chiamato e ti ha veramente rigenerato, anche se senti il peso delle tue cadute, devi ricordarti che non si è dimenticato di te. Se Dio, nella sua grazia ha iniziato un’opera in te, stai sicuro che la porterà a termine, indipendentemente dalle pressioni della tua natura carnale ancora presente. Paolo in Colossesi 3:9-10 spiega proprio questo:

Non mentite gli uni agli altri, perché vi siete spogliati dell’uomo vecchio con le sue opere e vi siete rivestiti del nuovo, che si va rinnovando in conoscenza a immagine di colui che l’ha creato.

L’uomo nuovo si va rinnovando. L’uomo nuovo di cui siamo rivestiti ha a che fare con movimento, trasformazione interiore, rinnovamento, perfezionamento. Non rimane fermo o bloccato nelle vecchie dinamiche di vita, ma va conformandosi all’immagine del nostro creatore. Perciò è certamente possibile vivere con dei rimorsi per gli errori commessi, ma se siamo Suoi, possiamo essere certi che Lui non mancherà di continuare ad operare nella nostra vita!

Ed è in questo senso che capiamo il motivo per cui Paolo incoraggia i Corinzi a cambiare atteggiamento nei loro rapporti:

10 Ora, fratelli, vi esorto, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad aver tutti un medesimo parlare e a non aver divisioni tra di voi, ma a stare perfettamente uniti nel medesimo modo di pensare e di sentire. 11 Infatti, fratelli miei, mi è stato riferito da quelli di casa Cloe che tra di voi ci sono contese. 12 Voglio dire che ciascuno di voi dichiara: «Io sono di Paolo»; «io, di Apollo»; «io, di Cefa»; «io, di Cristo». 13 Cristo è forse diviso? Paolo è stato forse crocifisso per voi? O siete voi stati battezzati nel nome di Paolo? 14 Ringrazio Dio che non ho battezzato nessuno di voi, salvo Crispo e Gaio; 15 perciò nessuno può dire che foste battezzati nel mio nome. 16 Ho battezzato anche la famiglia di Stefana; del resto non so se ho battezzato qualcun altro. 17 Infatti Cristo non mi ha mandato a battezzare ma a evangelizzare; non con sapienza di parola, perché la croce di Cristo non sia resa vana.

Vedete cosa dice? State uniti NON perché io, Apollo o Cefa (Pietro) vi abbiamo convinto con la nostra sapienza, ma perché siete stati esposti all’annuncio della buona notizia (v.17). Appropriatevi del significato della croce e non rendetela vana con i vostri comportamenti, poiché (v.18-25):

la predicazione della croce è pazzia per quelli che periscono, ma per noi, che veniamo salvati, è la potenza di Dio; 19 infatti sta scritto: «Io farò perire la sapienza dei saggi e annienterò l’intelligenza degli intelligenti». 20 Dov’è il sapiente? Dov’è lo scriba? Dov’è il contestatore di questo secolo? Non ha forse Dio reso pazza la sapienza di questo mondo? 21 Poiché il mondo non ha conosciuto Dio mediante la propria sapienza, è piaciuto a Dio, nella sua sapienza, di salvare i credenti con la pazzia della predicazione. 22 I Giudei infatti chiedono miracoli e i Greci cercano sapienza, 23 ma noi predichiamo Cristo crocifisso, che per i Giudei è scandalo, e per gli stranieri pazzia; 24 ma per quelli che sono chiamati, tanto Giudei quanto Greci, predichiamo Cristo, potenza di Dio e sapienza di Dio; 25 poiché la pazzia di Dio è più saggia degli uomini e la debolezza di Dio è più forte degli uomini.

v.18, la predicazione della croce, lett. il logos cioè la Parola di Dio rivelata per mezzo della croce di Cristo, potrebbe apparire pazzia o addirittura scandalo. Tuttavia è la manifestazione della Sua potenza. E questa potenza dice ai v.19-20, rende vana la presunta sapienza del mondo e non lascia scampo a chiunque vorrà fare di sé stesso un sapiente oppure un contestatore.
Il mondo, dunque, non può conoscere Dio mediante la sua sapienza o i suoi artefatti, questo è chiaramente scritto al v.21! Tutto è spazzatura se lo si paragona alla sapienza di Dio che sceglie di salvare in questo modo.
Potrebbe sembrare illogico, addirittura scandaloso o folle, ciò nonostante, v.22-25, per coloro che sono chiamati a salvezza risulterà dolce e deliziosa perché Dio è potente o infinitamente sapiente (e la sua apparente debolezza è invece molto più forte di qualunque sistema di pensiero umano)!

Perciò, v.26-31, guardate la vostra vocazione:

non ci sono tra di voi molti sapienti secondo la carne, né molti potenti, né molti nobili; 27 ma Dio ha scelto le cose pazze del mondo per svergognare i sapienti; Dio ha scelto le cose deboli del mondo per svergognare le forti; 28 Dio ha scelto le cose ignobili del mondo e le cose disprezzate, anzi le cose che non sono, per ridurre al niente le cose che sono, 29 perché nessuno si vanti di fronte a Dio. 30 Ed è grazie a lui che voi siete in Cristo Gesù, che da Dio è stato fatto per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione; 31 affinché, com’è scritto: «Chi si vanta, si vanti nel Signore».

Notate il paradosso: v.26, voi non splendete di gloria o sapienza e certamente non siete né forti, potenti o ricchi. Tuttavia, v.27, gioite perché Dio HA SCELTO le cose deboli e HA SCELTO le cose ignobili e HA SCELTO le cose disprezzate, si è servito di tutto ciò per zittire tutti. v.29 Ed è in forza a queste sue scelte in favore dei “disprezzati” e coloro che non sono, che capiamo quanto sia orribile vantarsi di fronte a Lui. Non si può avere l’ardire di dire “io ho scelto, io ho deciso, io ho fatto o io ho detto”. Se c’è qualcuno che merita lode e riconoscenza non siamo noi, ma Lui!

Ringraziamolo perciò per questo suo amore. Per questa sua sapienza che ha prevalso sulle logiche umane basate sui meriti. Ringraziamolo per la sua giustizia, per la santificazione e in generale per la redenzione che ha provveduto. Lodiamolo perché è solo attraverso questa sapienza, v.30, che possiamo vedere la speranza di un ristabilimento anche per noi che non siamo nulla e non meritavamo nulla! Questo dunque è ciò che dice Paolo. Forse risulterà un pò difficile da capire, tuttavia abbiamo il dovere di farla nostra.

Paolo descrive il Signore come Colui che compie scelte molto precise nei riguardi degli uomini e del loro futuro e rivolge una chiamata di grazia in particolare per i disprezzati e coloro che la società tende a scartare. Bellissimo questo! Non c’è una logica nella salvezza. Tutto procede esclusivamente dal suo amore immeritato! Ha scelto le cose ignobili, disprezzate, deboli ecc. per zittire tutto ciò che vuole elevarsi al di sopra della sua sapienza misericordiosa. Quanto è importante che afferriamo questo! Lui non avrebbe fatto alcun torto se ci avesse lasciato nel nostro stato di perdizione, tuttavia, come dice Paolo al v.4, c’è tanto per cui lodarlo, soprattutto per la chiamata salvifica che ha rivolto a persone indegne come me e come te.
Perciò In che modo dunque possiamo definire la paradossale chiamata di Dio? Il testo ci dice che è la massima espressione dell’incomparabile sapienza di Dio che lo vede raggiungere i peccatori, attraverso Cristo, salvandoli e attuando in loro un’opera di trasformazione e arricchimento unici. Questa sapienza è usata per spezzare ogni logica umana di merito, affinché chiunque si vuole vantare si vanti nel Signore che è stato fatto giustizia, santificazione ovvero redenzione.

 

Le conseguenze

Se dunque questa definizione ha senso, allora dobbiamo chiederci a quali conseguenze porta. Consideriamone almeno 4:

1) Riconoscerci chiamati in questo modo diventa il motivo più grande per perseverare. Questo è il senso dei v.8-9:
Egli vi renderà saldi sino alla fine, perché siate irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo.
La chiamata di Dio non ha a che fare solo con il passato ma getta lo sguardo al futuro. Il Signore elegge nel passato perché ciascuno dei suoi non perisca ma abbia vita eterna e sia reso stabile per sempre. Pensiamo a quanti fallimenti nella nostra vita, a quante cadute e a quante cose vanno come non dovrebbero! Pensiamo alla sofferenza che abbiamo causato ai comportamenti inaccettabili e alle nostre azioni e a tutte le parole cattive uscite dalle nostre bocche. Oppure pensiamo alle sofferenze e agli stress che dobbiamo subire a causa degli altri e a cui non riusciamo dire di no. Pensiamo ai pesi della vita che siamo costretti a subire e che ci fanno chiedere “perché?”. Pensiamo a tutto questo e poi ritorniamo a queste parole: Dio vi renderà saldi fino alla fine! Voi non finirete in nulla. Voi non finirete risucchiati nei vostri peccati o nelle dinamiche di miseria! Il Signore è ricco in grazia e vi porterà a destinazione! Il SUO amore vi porterà a casa! La gioia della salvezza è benzina per continuare a correre la nostra gara! E’ il vanto davanti alla pressione che il mondo esercita! È il motivo più importante per continuare ad andare avanti!

2) Riconoscersi chiamati ci spinge a vivere nell’umiltà. Questa è l’applicazione dei v.4-9 e 26-30: tanto ai corinzi quanto anche a noi, è stata concessa una grazia in Cristo di venire arricchiti di ogni dono e di essere salvati dalla sua sapienza. Se lo conosciamo è perché Lui si è fatto conoscere. Se ti senti sicuro e in pace nonostante le avversità della vita, non è per merito tuo, ma è perché Lui ha suscitato tutto questo! Perciò è una chiamata a vivere nell’umiltà. La presunzione e l’orgoglio non sono ammessi davanti a questo Dio generoso! Siamo stati chiamati per vivere diversamente, secondo dinamiche opposte alla presunzione ! Riconoscersi chiamati significa riconoscersi dei graziati. Guardate la vostra vocazione, dice Paolo al v.26. Cioè rifletti su te stesso. Non sei sapiente, potente o nobile. Non sei nulla. Sei solo una persona scampata dalla perdizione. Dio ti ha chiamato/a non perché sei speciale, v.27, ma per esaltare la sua sapienza e svergognare i presuntuosi. Ti ha scelto deboli per esaltare la sua sapienza e svergognare i forti. Ti ha scelto ignobile e disprezzato/a per ridurre al niente tutto ciò che pensa di essere importante. Sei un/una miracolato/a. Ecco perché la chiamata che ci è stata rivolta ci deve spingere a Lui! Che tutta la gloria sia a questo Dio meraviglioso!

3) Riconoscersi chiamati significa vivere le relazioni alla luce di Cristo. Questo è ciò che emerge ai v.10-15. I problemi nelle chiese sono spesso frequenti. I Corinzi avevano tutto, ma non avevano capito la necessità di interiorizzare Cristo per vivere in modo sano i rapporti tra di loro. Se voi siete stati battezzati immersi in Cristo, dice Paolo, chi vi autorizza a separarvi e ad avere atteggiamenti di presunzione? Portate dentro di voi il ricordo di Cristo che è stato crocifisso! Portate alle vostre menti il valore di ciò che ha fatto e vivete finalmente la grazia e l’unione di Cristo tra di voi! La sua paradossale chiamata ci esorta ad amare la chiesa e il nostro prossimo!

4) Riconoscersi chiamati significa non darsi pace fin tanto che la sapienza di Dio non prevarrà sul mondo intorno a noi. La chiamata salvifica di Dio non è lì per finire in nulla, ma perché possa essere infiammare il nostro annuncio! v.17-25 La predicazione della croce è pazzia per quelli che periscono, ma per noi, che veniamo salvati, è la POTENZA DI DIO! Il mondo ha conosciuto il dramma del COVID. E non appena ha scoperto un vaccino, tutti sono corsi a comprarlo con la speranza per tornare presto a una vita normale. Stessa cosa, ma in modo ancora più importante è la predicazione della croce! Altro che vaccino! Questo è il rimedio universale. La medicina per un intero mondo malato. Perché non c’è bisogno di altro se non della potenza di Dio che salva con la pazzia della predicazione della croce! Perciò il vangelo che abbiamo tra le mani è la testimonianza dell’infinita sapienza di Dio, il rimedio di cui abbiamo bisogno. Ecco perché riconoscersi chiamati per grazia, non farà altro che stimolarci nell’annunciarlo fin tanto che le persone non saranno conquistate dal suo amore! Siamo stati chiamati per essere araldi!

Questa dunque è la cornice entro cui si sviluppa la chiamata particolare di Dio. E’ una sapienza paradossale ma al tempo stesso meravigliosamente dolce. Ci sarebbe tanto altro da dire, ma voglio concludere con questa preghiera scritta da un autore puritano (chiamata the Valley of vision, La valle della visione) che esalta i paradossi della fede e li vede come motivi per riscoprire la bellezza del Signore:

Signore, alto e santo, mite e umile, Tu mi hai portato nella valle della visione, dalla quale posso vedere brillare la tua gloria nonostante viva nelle profondità e sia circondato da montagne di peccato. Lasciami imparare per paradosso che la via del basso è la via dell’alto, che essere in basso è essere in alto, che il cuore spezzato è il cuore guarito, che lo spirito contrito è lo spirito esultante, che l’anima pentita è l’anima vittoriosa, che non avere nulla è possedere tutto, che portare la croce è portare la corona, che dare è ricevere, che la valle è il luogo della visione. Signore, di giorno le stelle si vedono pure dai pozzi più profondi; e più profondi sono i miei pozzi più vedo brillare le tue stelle. fammi dunque trovare la tua luce nelle mie tenebre, la tua vita nella mia morte, la tua gioia nel mio dolore, la tua grazia nel mio peccato, le tue ricchezze nella mia povertà e la tua gloria nella mia valle.

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