La premessa
Il brano di Giovanni 11:1-44 il Signore affronta il bisogno più importante dell’uomo: la vita; e si manifesta per quello che Egli è: il Signore della vita.
Dio creò l’uomo come anima vivente e il tutto dell’uomo avrebbe sempre dovuto tendere alla vita. Dio mise pure nel cuore dell’uomo il pensiero dell’eternità e la comunione con Dio gli avrebbe fatto realizzare questo desiderio innato. Ma l’ingresso del peccato e della morte ha stravolto questa relazione che ora solo il Signore Gesù Cristo può ripristinare facendo dono all’uomo della vita eterna per la fede in Lui.
Il brano ci spinge perciò a passare da una fede superficiale ad una fede vera, fondata sul Signore Gesù Cristo come Signore della vita eterna. Una sollecitazione valida anche per noi affinché possiamo avere in Lui le aspettative corrette. Perché… “La vera fede accetta sempre di correggere le naturali aspettative sbagliate”.
Era allora malato un certo Lazzaro di Betania, il villaggio di Maria e di Marta, sua sorella. 2 Or Maria era quella che unse di olio profumato il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli; e suo fratello Lazzaro era malato. 3 Le sorelle dunque mandarono a dire a Gesù: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». 4 E Gesù, udito ciò, disse: «Questa malattia non è a morte, ma per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio sia glorificato». 5 Or Gesù amava Marta, sua sorella e Lazzaro. 6 Come dunque ebbe inteso che Lazzaro era malato, si trattenne ancora due giorni nel luogo dove egli era. 7 Poi disse ai suoi discepoli: «Torniamo di nuovo in Giudea». 8 I discepoli gli dissero: «Maestro, i Giudei poco fa cercavano di lapidarti e tu vai di nuovo là?». 9 Gesù rispose: «Non vi sono forse dodici ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo, 10 ma se uno cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui». 11 Dopo aver detto queste cose, soggiunse: “Il nostro amico Lazzaro si è addormentato, ma io vado a svegliarlo». 12 Allora i suoi discepoli dissero: «Signore, se dorme si riprenderà». 13 Or Gesù aveva parlato della sua morte, essi invece pensavano che avesse parlato del riposo del sonno. 14 Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto. 15 Ed io mi rallegro per voi di non essere stato là, affinché crediate; ma andiamo da lui»
16 Allora Tommaso, detto Didimo, disse ai condiscepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui».17 Arrivato dunque Gesù, trovò che Lazzaro era già da quattro giorni nel sepolcro. 18 Or Betania distava da Gerusalemme circa quindici stadi. 19 E molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle del loro fratello. 20 Marta dunque, come udì che Gesù veniva, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. 21 Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto, 22 ma anche adesso so che tutto quello che chiederai a Dio, Dio te lo darà». 23 Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». 24 Marta gli disse: «Lo so che risusciterà nella risurrezione all’ultimo giorno». 25 Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chiunque crede in me, anche se dovesse morire, vivrà. 26 E chiunque vive e crede in me, non morrà mai in eterno. Credi tu questo?». 27 Ella gli disse: «Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, che doveva venire nel mondo». 28 E, detto questo, andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: «Il Maestro è qui e ti chiama». 29 Appena udito ciò, ella si alzò in fretta e venne da lui. 30 Or Gesù non era ancora giunto nel villaggio, ma si trovava nel luogo dove Marta lo aveva incontrato. 31 Perciò i Giudei che erano in casa con lei per consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, dicendo: «Ella se ne va al sepolcro per piangere là». 32 Appena Maria giunse al luogo in cui si trovava Gesù, e lo vide, si gettò ai suoi piedi, dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto». 33 Gesù allora, come vide che lei e i Giudei che erano venuti con lei piangevano, fremé nello spirito e si turbò, 34 e disse: «Dove l’avete posto?». Essi gli dissero: «Signore, vieni e vedi». 35 Gesù pianse. 36 Dissero allora i Giudei: «Vedi come l’amava!». 37 Ma alcuni di loro dissero: «Non poteva costui che aprì gli occhi al cieco, far sì che questi non morisse?». 38 Perciò Gesù, fremendo di nuovo in sé stesso, venne al sepolcro; or questo era una grotta davanti alla quale era stata posta una pietra. 39 Gesù disse: «Togliete via la pietra!». Marta, la sorella del morto, gli disse: «Signore, egli puzza già, poiché è morto da quattro giorni». 40 Gesù le disse: «Non ti ho detto che se credi, vedrai la gloria di Dio?». 41 Essi dunque tolsero la pietra dal luogo dove giaceva il morto. Gesù allora alzati in alto gli occhi, disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai esaudito. 42 Io sapevo bene che tu mi esaudisci sempre, ma ho detto ciò per la folla che sta attorno, affinché credano che tu mi hai mandato». 43 E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». 44 Allora il morto uscì, con le mani e i piedi legati con fasce e con la faccia avvolta in un asciugatoio. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare». (Giovanni 11:1-44)
Le dolorose vicende umane nelle mani del Dio Sovrano
Le sorelle di Lazzaro mandano a chiamare Gesù (suo amico) nella speranza di vedere guarito il loro fratello. Gesù non accorre, ma aspetta. Per i discepoli e per chi lo aspettava, ciò è incomprensibile. Si stavano tutti chiedendo: “Perché, tu che hai guarito e fatto del bene a tanti, non prendi sul serio una cosa tanto grave?”. Gesù aveva guarito tante persone ed essi si aspettavano lo stesso per Lazzaro. Un’aspettativa nella quale non fatichiamo a riconoscerci perché tra le necessità dell’uomo la conservazione della vita è al primo posto.
Dobbiamo riconoscere che la malattia imprime strani percorsi alla fede, quasi come se Dio dovesse essere sempre condizionato a non permettere la malattia o a dover guarire i suoi figli esaudendo i loro desideri. Cristo ci ha dato una famiglia, degli amici, dei fratelli…tutte persone che amiamo e di fronte a malattie gravi che possono portare alla fine di una vita ci aggrappiamo per fede al nostro Dio. Così davanti alla malattia, la fede si aggrappa attraverso la preghiera all’unica roccia che abbiamo: il nostro Signore Gesù Cristo. In questi momenti ci si impegna nella preghiera per la persona amata confidando in Dio, ma senza conoscere realmente quali siano i suoi piani attraverso quelle situazioni dolorose. La nostra ragione fatica a comprendere come il dolore e la sofferenza possano essere strumenti per portare a compimento i perfetti piani di Dio. Pur sapendo che la vita di ogni uomo deve avere un termine, mal sopportiamo l’idea del distacco da chi amiamo. Sappiamo che presto o tardi conosceremo l’esperienza del lutto, ma col pensiero e col cuore la rifiutiamo come si rifiuta l’amputazione di una parte di noi. L’anelito alla vita col quale siamo stati creati pulsa in noi. Come Marta e Maria, la nostra parte umana lotta sempre per la conservazione di ciò che abbiamo di più caro. Correndo anche il rischio di non accettare che Dio sia veramente sovrano sulle nostre vite.
A questo punto forse è necessario chiedersi: “Ma quanto siamo disposti a concedere alla Signoria di Dio affinché a Lui vada tutta la gloria e sempre?”. Al v.4 Gesù dice: “Questa malattia non è a morte, ma per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio sia glorificato”. Egli spiega ai discepoli che tutta la realtà è nelle mani di Dio e che tutto tende a portare gloria a Dio, attraverso vie che a noi risultano quasi sempre incomprensibili. In sostanza stava dicendo che Gesù è il Dio che ha da essere glorificato in ogni circostanza.
Così, ricevuta la notizia, Gesù rimane dov’è, lasciando passare quattro giorni. Poi, al v.14-15 Gesù dice: “Lazzaro è morto. Ed io mi rallegro per voi di non essere stato là, affinché crediate; ma andiamo da lui”. Egli motiva il suo ritardo di andare verso Lazzaro perché voleva smuovere la fede di coloro che vedendo l’opera potente che avrebbe fatto dessero gloria a Dio credendo in Lui (v.14), come Vera Risurrezione e Signore della vita.
“Solo quando la ragione, le capacità, le possibilità umane sono con le spalle al muro, ecco che da lì cominciano le risposte di Dio alla nostra debolezza. Dio non si muove fino a che abbiamo delle risorse, perché confonderemmo le nostre risorse con le risposte di Dio. In ogni circostanza Dio è all’opera per trasformare una buona disposizione d’animo in una fede vera e incrollabile che vada oltre l’ottenimento delle cose sperate. Solo quando saremo senza risorse scopriremo l’umiltà di dipendere dal Signore e potremo vedere la gloria a cui Egli ci ha preparato. È quello il momento in cui Cristo può dire “Torniamo in Giudea” (Gv 11:7), dove per poco non era stato lapidato. Quando il suo popolo è allo stremo, Gesù può muoversi, perché da lì c’è gloria per Lui.”
Vita eterna per la fede in Cristo
v.17 “Arrivato dunque Gesù, trovò che Lazzaro era già da quattro giorni nel sepolcro”. Ma non aveva detto che quella malattia non era a morte? Come mai allora Lazzaro morì? Gesù agì in questo modo perché cominciassero a meravigliarsi del fatto che il Signore sapeva che Lazzaro era morto senza aver visto né sentito che era morto. Questo serve a ricordare che la fede degli stessi discepoli, che già credevano in lui, aveva ancora bisogno di crescere. Cristo è all’opera ogni giorno perché la nostra fede cresca e si sviluppi. Noi non riceviamo tutto ciò di cui avremmo bisogno subito, ma con gradualità per assorbire e assimilare elementi di fede sempre nuovi. Gesù giunge a Betania, ma Lazzaro è morto da quattro giorni e Marta dice a Gesù: v.22-24 “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto, ma anche adesso so che tutto quello che chiederai a Dio, Dio te lo darà».Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». Marta gli disse: «Lo so che risusciterà nella risurrezione all’ultimo giorno”. Quello di Marta è un atteggiamento comune della fede: quello di “sapere” che il Signore è potente e che grandi sono le sue promesse.
Quando però ci troviamo di fronte all’insormontabilità della morte di qualcuno che amiamo, un senso di rassegnazione prende e immobilizza quel tipo di fede che pur conoscendo le promesse divine, le vede svuotate dalla presenza del dolore che attanaglia il cuore. Quello è il momento in cui la fede si ripiega su sé stessa. Noi leggiamo, noi conosciamo e crediamo di credere fino in fondo nelle opere potenti del Signore, ma quando ci troviamo in circostanze difficili, insormontabili, la nostra fede vacilla e non riesce a materializzare la presenza del Signore e della Sua fedeltà nelle Sue promesse.Marta e Maria amavano il Signore, esse credevano che Egli era il Servo del Signore annunciato dai santi profeti. Esse credevano che Gesù era il Cristo atteso e conoscevano probabilmente gli scritti dei profeti, ma in quel giorno la loro fede era piegata dal dolore. Dicendo “Tutto quello che chiederai a Dio, Dio te lo darà”, ma anche “«Lo so che risusciterà nella risurrezione all’ultimo giorno», Marta vedeva Gesù come colui che era esaudito dal Padre, ma la morte era un’esperienza così comune nella loro vita che sembrava inconcepibile che davanti ai loro occhi Dio, in Cristo, fosse glorificato con la risurrezione di loro fratello proprio in quel giorno.
Così al v.25-27 Gesù le dice: “Io sono la risurrezione e la vita; chiunque crede in me, anche se dovesse morire, vivrà. E chiunque vive e crede in me, non morrà mai in eterno. Credi tu questo?». Ella gli disse: «Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, che doveva venire nel mondo». Gesù afferma di essere la vera vita eterna e la risurrezione dalla morte spirituale che ha attanagliato ogni uomo. Egli sta dicendo che per la fede in Lui l’uomo riceve un patrimonio di vita eterna tale da non sarà mai scalfito nemmeno dalla morte fisica “Chiunque crede in me, anche se dovesse morire, vivrà”. Davanti a Gesù ci sono Marta e Maria e Maria “era quella che unse di olio profumato il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi capelli” (11:2-3). Maria è quella peccatrice a cui Gesù disse “La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!” (Luca 7:50) e che aveva già ricevuto la vita eterna e sperimentato la risurrezione della sua anima perché fu liberata dal peso dei suoi peccati. È la fede in Gesù come Signore della vita che ci dà un tipo di vita superiore alla vita fisica e che non sarà sconfitta nemmeno dalla morte fisica.
Agostino dice a questo riguardo:
“Se non che invece tutti temono la morte del corpo e pochi quella dell’anima. Tutti si preoccupano per la morte del corpo, che prima o poi dovrà venire, e fanno di tutto per scongiurarla. L’uomo destinato a morire si dà tanto da fare per evitare la morte, mentre non altrettanto si sforza di evitare il peccato. Eppure tutto quanto si fa per non morire, lo si fa inutilmente: al più si ottiene di ritardare la morte, non di evitarla. Che cosa non fa uno di fronte al pericolo della morte? Che sollecitazione (piuttosto)riceviamo dal Signore di spingere gli uomini, e noi stessi insieme con loro, ad amare la vita che dura in eterno almeno nella misura che gli uomini amano la vita fisica che fugge via?”
Gesù sposta l’attenzione sul fatto che ciò che stava per avvenire doveva essere la dimostrazione che Egli era la vita eterna e che in Lui la morte come salario del peccato, stava per essere distrutta assieme al peccato che attanagliava l’uomo da sempre secondo le Scritture. Infatti 750 anni prima Isaia aveva annunciato che:
“(L’Eterno) Distruggerà per sempre la morte; il Signore, l’Eterno asciugherà le lacrime da ogni viso, toglierà via da tutta la terra il vituperio del suo popolo, perché l’Eterno ha parlato” (Isaia 25:8).
Gesù era quell’Eterno Dio (annunciato da Isaia) che avrebbe distrutto la morte per sempre alla fine dei tempi.
Le conseguenze sul piano universale: siamo tutti Lazzaro
Lazzaro è l’immagine dell’uomo perduto nei falli e nei peccati, che quando nasce ha già la morte spirituale addosso (Romani 5:12) e perciò bisognoso che Cristo lo ritragga a vita. Cristo era ed è Colui che ridà vita al morto che puzza di peccato e in questo siamo ognuno di noi prima di credere in Lui. La risurrezione di Lazzaro doveva dimostrare che solo Cristo poteva distruggere sia la morte fisica che il peccato che la causa, e quindi anche quella morte spirituale che attanaglia ogni uomo. Cristo si accosta ad ognuno che riconosce di essere morto nei falli e nei peccati e di aver bisogno di quella vita eterna che solo Lui gli può trasmettere. L’utilità della risurrezione di Lazzaro per chi vedeva, ma anche per chi legge oggi era quella di portare alla fede in Cristo vera risurrezione e vita per ognuno che crede. Egli era il Signore della vita e alla sua risurrezione la morte si sarebbe piegata per sempre davanti a Lui.
La morte si pone davanti alla fede come la fine di tutto, cercando di far dimenticare le promesse di Dio, ma con la risurrezione di Lazzaro Gesù stava dando un anticipo della sua risurrezione, affinché la fede dei suoi figli si concentrasse su ciò che Egli è. La risurrezione di Cristo è l’annuncio potente, la chiamata per coloro che oppressi dal peccato cercano libertà da esso e vita nuova, …la vita dei figli di Dio. A tutti coloro che sono mantenuti nella schiavitù del peccato e hanno le loro anime oppresse, Cristo rivolge la chiamata “Venite a me o voi che siete travagliati e aggravati e avrete riposo alle anime vostre”. Gesù dice ancora oggi “Credi dunque, e anche se sei morto, vivrai; se non credi, anche se vivi, sei morto”.
È la fede che si appropria della vita dell’anima, quella vita che quando nasciamo ci manca perché nasciamo separati da Dio. Ma Cristo è Colui che chiama i morti nello spirito a nuova vita. Cristo si avvicina al sepolcro di ognuno che riconosce di essere nella condizione di Lazzaro, morto nel peccato e che già emana fetore. È Cristo che viene al nostro sepolcro sigillato dalla pietra che nessuno vuole spostare perché il morto fa ribrezzo.
Ma Lui è deciso a risolvere il problema che ci ha ucciso e grida “Levate via la pietra!”
“Quanto è difficile che si alzi chi è oppresso dal peso del peccato! E tuttavia si alza: una grazia occulta interiormente lo vivifica e al suono della voce potente si alza. Quando l’uomo confessa il suo peccato, viene fuori dal suo sepolcro. E perché l’uomo abbia a riconoscere la sua colpevolezza, Dio lo chiama a gran voce, con una grazia straordinaria. (Agostino)”.
Dio ha la potenza di fare miracoli sempre, ma Gesù in quel giorno stava spostando la portata della fede da obbiettivi utilitaristici, immediati e terreni a obbiettivi di portata eterna.
Conseguenze sul piano personale: solo in Cristo ci è donata la vita eterna.
Gesù è l’Io Sono, Dio, il datore della vita eterna in assoluto che nel corso della nostra vita lavora sulla nostra fede perché essa faccia uno scatto in avanti, gettando i suoi pesi su di Lui. Il Signore Gesù vuol mostrarci che il dono della vita terrena è qualcosa che nelle sue mani prende l’unico significato che deve avere: “Dare gloria a Colui che ci ha tanto amati dal darci il Suo Figliuolo affinché credendo in Lui abbiamo la vita eterna”.
La risposta di Marta è semplice, ma allo stesso tempo profonda «Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio, che doveva venire nel mondo». Marta aveva la speranza trasmessa dai profeti che l’Unto di Dio, il Cristo, avrebbe compiuto l’espiazione dei peccati e portato su di sé i peccati di molti. E Marta sta dicendo “Tu sei la risurrezione e la vita eterna. Tu sei Colui che se anche noi dovessimo addormentarci nel sonno della morte, ci risveglierai in vita eterna”. Ora quel Gesù che chiedeva fede in Lui continua ad essere presente e vivente nella sua chiesa che lo annuncia in quell’Evangelo:” potenza di Dio per la salvezza, di chiunque crede”.
L’evangelo che annuncia Cristo ha la capacità di portare la persona di Gesù e il beneficio di tutta la sua opera nel cuore dell’uomo. E a coloro che sono qui oggi, Egli dice “quando io morivo per te sulla croce, ti raccoglievo in me perché ti avevo preconosciuto e amato. Tu sei stato con me sulla croce perché la zavorra dei tuoi peccati li ho caricati su di me, ti ho preso con me nel buio di quel sepolcro e con me tu eri nel giorno in cui risorgevo”.
Ora la realtà della risurrezione di Cristo e quindi della nostra è l’unica realtà che ci attende per il fatto che avendo creduto in Lui, a Lui siamo uniti tanto nella sua morte, quanto nella sua risurrezione e oggi abbiamo solo bisogno che questa promessa debba essere tenuta viva nel nostro cuore con riconoscenza per ciò che Cristo ha fatto per noi a cui continua a dirci“E Dio asciugherà ogni lacrima dai (vostri) occhi, e non ci sarà più la morte né cordoglio né grido né fatica, perché le cose di prima son passate” (Ap.21:4).
Al nostro Signore Gesù Cristo siano la gloria e l’onore in eterno.