E’ molto facile farsi un’idea approssimativa di Dio e della sua opera. Ma è molto più difficile assicurarsi di averla compresa bene. Di averla compresa nei suoi termini. Romani è qui per fare luce sul vero problema che affligge le persone: il peccato. Esso ci porta a sottostimare la necessità di un intervento di Dio verso le nostre malattie e infermità spirituali. A illuderci di di una prospettiva di vita che però non è LA vita. Fin tanto che siamo qui speriamo che le cose possano migliorare, ci affanniamo per continuare a rimanere a galla e non sprofondare nei nostri problemi. Ma la realtà è che non ne siamo capaci. Non abbiamo la forza, né la volontà, né le risorse morali e spirituali, né la giustizia per trascinare noi stessi fuori da questo fango. Ecco perché nel Salmo 40 Davide esclamava:
Ho pazientemente aspettato il SIGNORE, ed egli si è chinato su di me e ha ascoltato il mio grido. Mi ha tratto fuori da una fossa di perdizione, dal pantano fangoso; ha fatto posare i miei piedi sulla roccia, ha reso sicuri i miei passi.
Nulla di ciò che siamo o che abbiamo può procurarci alcun beneficio se non è Cristo a venire verso di noi pieno di grazia e bontà. I capelli cadono, il fisico si indebolisce, la mente invecchia. Quale speranza per noi se il Signore non si fosse chinato, non ci avesse estratti dalla fossa di perdizione e fatto posare i nostri piedi al sicuro? Questa si chiama grazia. E come vedremo oggi non è qualcosa che Lui deve a noi. La Sua grazia è illogica, sovrana, libera, indipendente, dolce, preziosa e pienamente sufficiente! Tutto gli dobbiamo e la lettera ai Romani è qui per prenderci per mano e svelarci questa sontuosa opera di salvezza.
Abraamo fu giustificato dalla fede non dalle opere (v.1-8)
1 Che diremo dunque che il nostro antenato Abraamo abbia ottenuto secondo la carne? 2 Poiché se Abraamo fosse stato giustificato per le opere, egli avrebbe di che vantarsi; ma non davanti a Dio; 3 infatti, che dice la Scrittura? «Abraamo credette a Dio e ciò gli fu messo in conto come giustizia». 4 Ora a chi opera, il salario non è messo in conto come grazia, ma come debito; 5 mentre a chi non opera ma crede in colui che giustifica l’empio, la sua fede è messa in conto come giustizia. 6 Così pure Davide proclama la beatitudine dell’uomo al quale Dio mette in conto la giustizia senza opere, dicendo: 7 «Beati quelli le cui iniquità sono perdonate e i cui peccati sono coperti. 8 Beato l’uomo al quale il Signore non addebita affatto il peccato».
Perché Paolo al v.1 fa entrare in scena Abraamo? Risposta: perché c’è bisogno di un esempio per comprendere meglio le dinamiche della giustificazione e della grazia di Dio. Infatti fin qui, nella lettera ai Romani, ha parlato della natura di Dio, della Sua opera, del Suo vangelo. Ma l’illustrazione aiuta a penetrare meglio cosa significano queste cose riferite a ciascuno di noi. E parlando di Abraamo si fornisce il paradigma della persona giusta agli occhi di Dio. Della vera fede esemplare.
Perciò al v.3 si chiede: cosa dice la Scrittura su di Lui? Cioè su quale base fu reso giusto? C’è qualcosa che ha fatto per cui è stato giustificato? al v.2 c’è già una prima risposta: Abraamo non ebbe nulla per cui vantarsi perché non fu giustificato per ciò che fece, ma perché, v.3, credette a Dio. E fu solamente questa risposta di fede e nient’altro, il motivo per cui potè vedere l’opera di Dio messa in conto di giustizia. Abraamo credette. Anche lo scrittore della lettera di Ebrei parla di Lui dicendo:
Per fede Abraamo, quando fu chiamato, ubbidì, per andarsene in un luogo che egli doveva ricevere in eredità; e partì senza sapere dove andava. Per fede soggiornò nella terra promessa come in terra straniera, abitando in tende, come Isacco e Giacobbe, eredi con lui della stessa promessa, perché aspettava la città che ha le vere fondamenta e il cui architetto e costruttore è Dio. (Ebrei 12:8-10)
Cioè rispose per fede alla chiamata di andarsene in un altro paese. Partì senza sapere dove andava. E sempre per fede soggiornò in quella terra straniera in una condizione di vita veramente disagiata (cioè in una tenda) aspettando il giorno in cui avrebbe vissuto l’eternità nella città che Dio gli aveva preparato! Abraamo non stava cercando Dio quando fu divinamente chiamato. E’ probabile che non avesse mai sentito parlare di Lui. Abitava in una terra ricca, da una cultura raffinata, ciò nonostante profondamente idolatra e pagana e in aperta opposizione a Lui. E per di più, quando Dio lo chiamò non indicò nessuna ragione della sua scelta: Egli lo scelse perché questa era la Sua volontà. E dopo avergli detto di lasciare il suo paese (Ur), i suoi parenti e di andare verso la terra che gli avrebbe mostrato, Dio gli fece questa promessa:
Io farò di te una grande nazione, ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione. Benedirò quelli che ti benediranno e maledirò chi ti maledirà, e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra
(Genesi 12:2-3)
Lasciò tutto, la sua attività, la sua patria, i suoi amici, la maggior parte dei suoi parenti e probabilmente molti possedimenti. Abbandonò la sicurezza temporale per un futuro incerto. La terra che, secondo la promessa divina, avrebbe ereditato era abitata da pagani forse più malvagi e idolatri dei Caldei. Ciò nonostante, quando Dio lo chiamò, ascoltò la sua voce e si mise in cammino certo che non sarebbe stato abbandonato.
Questa fu la sua risposta di fede. Certamente fu esemplare (anche perché è annoverato tra i campioni della fede in Ebrei 11, ciò nonostante la sua fede fu tutt’altro che perfetta. Infatti il libro di Genesi riporta diverse sue cadute. Diversi momenti difficili. Si ritrovò a dire molte menzogne e mettere in pericolo sua moglie in diverse occasioni (Genesi 12:13), o ad essere profondamente sconfortato dalle promesse del Signore che tardavano ad arrivare (Genesi 15:2-3). Ma malgrado questo, tornò sempre al Signore. Egli perseverò nelle Sue promesse. Rimase lì fino alla fine. Pure quando giunse la più grande delle prove, quella di sacrificare Isacco, l’unico figlio della promessa, diede prova di un’ubbidienza straordinaria perché sapeva che Dio, se fosse stato necessario, era potente da risuscitarlo dai morti.
Certamente Abraamo fu un grande esempio di fede, ma la cosa più importante che dobbiamo capire è che tutto ciò che Dio ricevette da lui fu la sua fede imperfetta, fragile, incerta. Certamente fu un uomo di grande fede, ma ancor più fu un uomo sottoposto a tutte le nostre fragilità. Ecco perché abbiamo bisogno del suo esempio: perché pure noi impariamo a vederci come realmente siamo davanti al Signore: senza nulla da dare, con cuori freddi, tiepidi, con vite poco onorevoli, cadute frequenti e falsità.
Ma come per Abraamo, la grazia del Signore è un’opera che viaggia su binari diversi dalle opere. La sua fede fu gradita solo perché Dio, nella sua grazia, gliela mise in conto o la considerò come giustizia! Ma cosa significa mise in conto di giustizia? Le parole dei v.4-5 chiariscono questo aspetto: Paolo dice, a chi opera, il premio o il salario è pagato come se fosse un debito. In altre parole se tu ti rapporti con il Signore come se tu dessi il tuo contributo a Lui, ecco che si capovolgono i ruoli e Lui diventerebbe tuo debitore. Questo capita nel mondo del lavoro: tu lavori e offri i tuoi servizi, perciò vieni ricompensato. Ma Paolo dice, non è così nell’universo di Dio. Infatti chi non opera MA CREDE in Colui che giustifica il peccatore, la sua fede è messa in conto come giustizia. Vedete cosa sta dicendo Paolo? E’ il Signore (e non le opere) che giustifica il peccatore. E’ la sua grazia. E’ il suo amore sovrano! Non è un pagamento o un debito che Lui ha nei nostri confronti. E’ un accredito di giustizia da parte di Dio sul nostro conto!
Quando Paolo si riferisce alle persone che non operano, sta evidenziando che nessuno è un candidato ideale alla salvezza. Dio, dunque, giustifica, non grazie al contributo che può ricevere da noi, ma avendo pensato di imputare il nostro peccato a Cristo e accreditare la giustizia di Cristo a nostro favore. Ecco perché Isaia 53:4-5 dice chiaramente che il castigo per cui abbiamo noi ora abbiamo pace è caduto su di Lui (non su di noi) e mediante le sue lividure noi siamo stati guariti.
Questo fatto è una verità difficile da capire, ma è incontrovertibile! Accende di entusiasmo il nostro cuore, perché veniamo messi di fronte alle nostre miserie e al tempo stesso alla speranza della Sua potenza salvifica! Dio non è in debito con noi. Non è una carta di credito o un bancomat. Non si fa tirare di qui o di là. Mai pensare che siamo noi al centro di tutto. Lo è invece Lui, la Sua pazienza, la Sua grazia e la Sua eterna giustizia!
E non è un caso che al v.6 Paolo parla di Davide. Infatti, citando il Salmo 32:6-8, sottolinea che i beati sono coloro le cui iniquità sono perdonate e i cui peccati sono coperti. Queste sono parole di qualcuno che toccò con mano le miserie del proprio peccato. Certamente, come Abraamo fu un grande esempio fede, ma fu anche una pessima persona, un grandissimo peccatore!
Il beato non è un putto, ma una persona completamente depravata i cui peccati e iniquità sono stati perdonati…Questa è la beatitudine. Questo è il vero beato, questo è il vero credente, questa è la persona che ha davvero compreso la forza della grazia, malgrado la propria bassezza.
Perciò, lascia che ti faccia una domanda: come vedi te stesso/a davanti a Dio? Cos’hai fin qui capito del rapporto con Lui? Sei certo/a di camminare con Lui come fecero Abraamo e Davide? Oppure ti stai sforzando di venire a capo dei tuoi problemi illudendoti che facendo qualcosa per Lui poi ne riceverai una ricompensa? Quante cristiani la pensano così, ma la domanda è dove sta scritto? Dove troviamo traccia nella Parola che Dio si comporta in questo modo, come se stessimo giocando a dare e avere?
Occorre invece essere onesti con noi stessi. Proprio come Abraamo e Davide, occorre riconoscere che non abbiamo nulla da offrire, nulla che possa notare, nulla che possa accreditarci, nulla che possa abbellirci, nulla che possa favorirci davanti a Dio. Tutto ciò che evidenzia la nostra vita è fallimento, conto in rosso, bilancio in negativo…E fatto questo, la grazia di Dio che sceglie di mettere sul tuo conto in rosso e col saldo in negativo la Sua giustizia. E prima riconoscerai la tua condizione di bisogno e fallimento, prima potrai sperimentare la gioia e il ristoro del Suo amore! Prima ti affiderai a Lui come fecero questi due uomini, prima sperimenterai il calore del suo perdono. Prima ti riconoscerai a mani vuote, sporco e indegno di presentarti davanti a Lui, prima ti vedrai rivestito e guarito della sua giustizia divina!
Abraamo fu giustificato dalla grazia non dalla legge (v.9-17)
9 Questa beatitudine è soltanto per i circoncisi o anche per gl’incirconcisi? Infatti diciamo che la fede fu messa in conto ad Abraamo come giustizia. 10 In quale circostanza dunque gli fu messa in conto? Quando era circonciso, o quando era incirconciso? Non quando era circonciso, ma quando era incirconciso; 11 poi ricevette il segno della circoncisione, quale sigillo della giustizia ottenuta per la fede che aveva quando era incirconciso, affinché fosse padre di tutti gl’incirconcisi che credono, in modo che anche a loro fosse messa in conto la giustizia; 12 e fosse padre anche dei circoncisi, di quelli che non solo sono circoncisi, ma seguono anche le orme della fede del nostro padre Abraamo quando era ancora incirconciso. 13 Infatti la promessa di essere erede del mondo non fu fatta ad Abraamo o alla sua discendenza in base alla legge, ma in base alla giustizia che viene dalla fede. 14 Perché, se diventano eredi quelli che si fondano sulla legge, la fede è resa vana e la promessa è annullata; 15 poiché la legge produce ira; ma dove non c’è legge, non c’è neppure trasgressione. 16 Perciò l’eredità è per fede, affinché sia per grazia; in modo che la promessa sia sicura per tutta la discendenza: non soltanto per quella che è sotto la legge, ma anche per quella che discende dalla fede di Abraamo. Egli è padre di noi tutti 17 (com’è scritto: «Io ti ho costituito padre di molte nazioni») davanti a colui nel quale credette, Dio, che fa rivivere i morti e chiama all’esistenza le cose che non sono
Esiste un profondo legame tra queste parole e i giorni nostri: milioni e milioni di persone confidano in qualche tipo di cerimonia o attività religiosa per essere considerati giusti davanti a Dio. Attribuiscono alla formula del rito qualche sorta di potere. Ed è esattamente questo tipo di persone a cui Paolo si sta rivolgendo.
Al v.9, dice che la beatitudine di essere giustificati da Dio può essere parte dell’esperienza di tutti, sia dei circoncisi (cioè dei giudei) che degli incirconcisi. Infatti, dice Paolo, se si guarda il momento in cui Abraamo fu circonciso, fu molto tempo dopo che Dio lo prese con sé. Perciò capiamo la domanda del v.10: in quale circostanza gli fu messa in conto? Risposta: Quando era incirconciso, cioè quando era indegno, lontano, senza alcun affetto per il Signore. L’amore di Dio gli fu messo in conto quando Lui non aveva su di sé il segno che all’epoca confermava l’appartenenza al Signore (cioè la circoncisione). Solo dopo, v.11, Abraamo ricevette il segno della giustizia che si ottiene per fede (cioè la circoncisione), affinché quello che gli capitò potesse diventare il faro di speranza per tutti quelli che avrebbero seguito il suo esempio di fede.
Allora ti chiederai: come posso avere fede? Come posso ottenerla? La Bibbia dice che Gesù Cristo è “Colui che crea la fede e la rende perfetta” (Ebrei 12:2). Vuoi essere reso giusto? Capisci in cuor tuo la necessità di essere lavato e ristabilito dai tuoi peccati? Allora vai è a Gesù che devi andare! Corri tra le Sue braccia. Dichiara in cuor Tuo, Signore mi presento davanti a te a mani vuote, sola, senza onore, con il cuore freddo e pieno di problemi insormontabili che mi sono impegnata a creare. Ti chiedo perdono. Distogli lo sguardo dai miei peccati, e cancella tutte le mie colpe. O Dio, crea in me un cuore puro e rinnova dentro di me uno spirito ben saldo. Non respingermi dalla tua presenza e non togliermi il tuo santo Spirito. Rendimi la gioia della tua salvezza (Salmo 51:9-12a).
Tutto è per fede, tutto ruota a ciò che Dio ha provveduto nella Sua grazia, tutto ha il suo fondamento in Gesù Cristo, l’autore della nostra salvezza e della nostra speranza eterna! Guardate il v.16: l’eredità (cioè il godimento dei beni celesti che il Signore ha preparato per i suoi figli) è per fede, affinché sia per grazia; in modo che la promessa sia sicura per tutta la discendenza. Tutto proviene unicamente dalla Sua mano graziosa. Per questo è sicura! Se la nostra eredità si basasse sui nostri sforzi o sulle nostre idee religiose non sarebbe affatto sicura! Ma proprio perché viene dalla SOLA sua grazia allora è possibile parlare di eredità sicura! Ecco perché altrove Paolo scrive:
Egli ci ha salvati e ci ha rivolto una santa chiamata, non a motivo delle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la grazia che ci è stata fatta in Cristo Gesù fin dall’eternità (2Timoteo 1:9)
Ora lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio nostro Padre, che ci ha amati e ci ha dato per la sua grazia una consolazione eterna e una buona speranza (2Tessalonicesi 2:16)
La grazia non è un ideale. O un proposito che rimane nel campo dei pensieri. E’ un atto concreto, reale, tangibile, potente, radiante e amorevole di Dio per donarci tutto il bene che mai avremmo meritato.
Abraamo interiorizzò la grazia del Signore. E questa sua esperienza è ciò che caratterizza (o dovrebbe caratterizzare) l’esperienza di ciascuno di noi. Ecco perché al v.17 Paolo lo descrive come padre di noi tutti, cioè come Colui da cui dovrebbe procedere lo stesso esempio di fede. Un tipo di fede che vede nel Dio onnipotente e misericordioso la fonte di ogni bene e speranza perché solo Lui è Colui che fa rivivere i morti e chiama all’esistenza le cose che non sono.
Stai vedendo il Signore nello stesso modo in cui Paolo e Abraamo lo vedono? Lo stai interiorizzando in questo modo? Stai fondando la tua vita, la tua esperienza e la tua speranza su questa prospettiva di Dio? Forse ti risulterà difficile perché ci sono tante cose che magari ti stanno buttando giù e ti opprimono con il loro carico di dolore. Ma ripensa a queste parole: Dio è Colui che fa rivivere i morti e chiama all’esistenza le cose che non sono. Cioè Dio, che non è soggetto alla nostra volontà, che non agisce secondo quello che pensiamo sia giusto, che è altro da noi, che è eterno e divino, santo e giusto, fedele e onnipotente, nella sua libertà, sceglie di far rivivere coloro che sono morti. Morti traduce l’aggettivo nekros, che indica proprio tutti coloro che si trovano in una condizione opposta alla naturalezza della vita. Chi è morto non può godere di alcun beneficio e di alcun piacere che solo la vita di Dio e in Dio possono dare. Ma Dio sceglie di dare vita proprio a queste persone che, come Abramo, erano lontane e abbandonate a loro stessi. Prego il Signore che questa possa essere la tua stessa esperienza!
Abraamo fu giustificato dal potere divino non dallo sforzo umano (v.18-25)
18 Abraamo, sperando contro speranza, credette, per diventare padre di molte nazioni, secondo quello che gli era stato detto: «Così sarà la tua discendenza». 19 Senza venir meno nella fede, egli vide che il suo corpo era svigorito (aveva quasi cent’anni) e che Sara non era più in grado di essere madre; 20 però, davanti alla promessa di Dio non vacillò per incredulità, ma fu fortificato nella fede e diede gloria a Dio, 21 pienamente convinto che quanto egli ha promesso, è anche in grado di compierlo. 22 Perciò gli fu messo in conto come giustizia. 23 Or non per lui soltanto sta scritto che questo gli fu messo in conto come giustizia, 24 ma anche per noi, ai quali sarà pure messo in conto; per noi che crediamo in colui che ha risuscitato dai morti Gesù, nostro Signore, 25 il quale è stato dato a causa delle nostre offese ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione.
Avete notato il paradosso? Certamente Abraamo aveva ricevuto la promessa di diventare padre di molti, tuttavia, per buona parte della sua vita fu padre di nessuno. Aveva tutto, era ricco, servi, bestiame a non finire. Il suo nome addirittura significava “Padre di molti”, ciò nonostante non aveva figli. Immaginiamoci come poteva essere difficile vivere con questo peso: come ti chiami? Padre di molti. Dove sono i tuoi figli? Non ne ho. Mi chiamo così, ma in realtà sono padre di nessuno. Forse c’era un errore. Forse Dio si era sbagliato? Assolutamente no! Paolo dice che sperando contro ogni speranza, credette! Credette perché Dio era il cuore della sua fede! Non una fede campata in aria, ma una fede che riconosce in questo Dio che fa rivivere i morti e chiama all’esistenza le cose che non sono, un motivo per non venire meno e stare fermi; anche se le circostanze intorno indicano il contrario.
Passarono gli anni e, v.19, Padre di molti si svigorì a causa dell’età quasi centenaria (un altro modo per dire che aveva perso la sua naturale capacità di procreare). Tuttavia continuava a credere nella potenza sovrannaturale del Dio che l’aveva creato e chiamato a salvezza! Il v.20 dice che fu fortificato nella fede e diede gloria a Dio, pienamente convinto la promessa poteva tranquillamente compiersi malgrado le evidenza fisiche.
Questo è il cuore del brano: v.22 Perciò gli fu messo in conto come giustizia. Abraamo nella sua carne peccaminosa e svigorita e fiaccata dal peso della vita era impossibilitato a guadagnarsi alcunché. La promessa certamente l’aveva udita bene, ma ciò che era non poteva provvedere all’esaurimento della promessa. Ciò che ci viene detto è che credette. Questo era ciò che il Signore voleva. E nella sua misericordia, gli tributò questo come giustizia! Ecco perché in Galati 4:28 Paolo chiama Isacco, non figlio di Abraamo, ma figlio della promessa. Non figlio della carne, della forza, della caparbietà di Abraamo. Ma figlio della promessa.Ed è su questa nota che vorrei concludere applicando a noi queste parole.
L’applicazione della fede di Abraamo
Il centro della nostra giustificazione sta nella opera di Gesù. Un’opera che la Bibbia descrive come qualcosa che non ci appartiene, che non viene da noi, ma dal cielo, dal cuore, dalla volontà, dalla mente e dalla mano graziosa di Dio stesso. Ed è questo che ci deve portare a non vacillare nella nostra fiducia in Lui e ad essere sicuri dell’efficacia della sua opera!
Gesù è il salvatore che il Padre ci ha dato a causa delle nostre offese e della nostra situazione drammatica di peccato! Gesù è il salvatore che ci è stato dato per prendere su di sé la sentenza di morte che tutti noi meritavamo ed è stato risuscitato perché solo in Lui potessimo trovare la vera vita che non avremmo mai potuto ottenere con le nostre forze o i nostri meriti.
La fede esemplare di Abraamo ti rivolge un appello oggi: smetti di affannarti. Di tentare di correre o risollevarti con le tue forze. Di accattivarti il Signore con qualche sotterfugio. Lui non ha bisogno né di me né di te. Siamo noi quelli ad avere bisogno di Lui. Siamo noi quelli che vacilliamo. Siamo noi quelli immersi nel pantano. Siamo noi quelli che perdono la fiducia, piangiamo e ci disperiamo perché la vita in questo mondo è orribile. Siamo noi ad avere bisogno di Lui! Perciò è a Lui che dobbiamo andare! E Gesù è qui per generare e rendere perfetta la tua fede.
L’esempio di Abraamo è un importante per un solo motivo. Confidò non in sé stesso, ma nella grazia e nella potenza del Signore!