Il secondo round di Giobbe (15:1-21:34)

 

 

Nel secondo round del dibattito tra Giobbe e coloro che sono venuti a “confortarlo”, i suoi amici acutizzano la loro ostilità verso l’amico sofferente. Continuano nella loro incrollabile certezza che egli abbia peccato e quindi Giobbe non può far altro che pentirsi. Giobbe continua a protestare per il trattamento ingiusto che sta subendo, ma la sua speranza di riconciliazione con il Dio che gli ha causato tanta agonia diventa sempre più forte, fino a sfociare in bellissime dichiarazioni di fede (Giobbe 16:18-21; 19:23-27). Anche quando Giobbe dice cose sciocche su Dio, il suo desiderio più profondo è quello di essere di nuovo a posto con il suo Creatore e di riaccendere la sua relazione con Lui. Giobbe mostra una FELICE incoerenza nelle sue argomentazioni, mentre i suoi amici sono (purtroppo) RIGIDAMENTE coerenti nelle loro.

 

 

Il secondo discorso di Elifaz (cap. 15)

Elifaz riprende il suo discorso. Lui pensa che i consigli finora dati siano stati appropriati e che la colpa di Giobbe sia quella di non averli ascoltati (15:10-11). Dopo questa premessa, in15:12-14 prepara il campo alla sua arringa con 3 domande che pongono Giobbe alla stregua di un empio  in collera contro Dio, uno sboccato (v.14), tutto ciò per riaffermare la sua teologia della giustizia retributiva di Dio. L’uomo (o forse dovremmo dire Giobbe?) non è puro (v.14), è inaffidabile (v.15), è abominevole, corrotto, iniquo (v.16). L’empio (o forse dovremmo dire Giobbe?) è tormentato, il prepotente ha vita breve (v.20). L’uomo (o forse dovremmo dire Giobbe?) è un essere che non ha speranza di uscire dalle tenebre o scampare alla spada (v.22, 29), é come un mendicante sperduto in cerca di pane, un vaso riempito di paure e difficoltà (v.24). Alla luce di 1:1,8 è proprio vero che nessuno può essere giusto con Dio? Perché Elifaz é così determinato a rappresentare Dio come scontento di Giobbe? La descrizione di Elifaz del governo morale di Dio è realistica? Perché Elifaz si preoccupa tanto di insistere sul fatto che il peccato viene sempre punito in modo rapido ed evidente? Perché sceglie parole così forti, che descrivono giudizi che appaiono molto simili alle tragedie che ha dovuto sopportare Giobbe (v.27, 30, 32, 34). Perché è così intenzionato a far passare Giobbe per un peccatore (v.35).

 

 

Il secondo discorso di Giobbe (capp. 16-17)

Giobbe ribatte esprimendo il suo disgusto per l’atteggiamento poco edificante (16:1-5; 17:2). E più avanti, in 16:7-14, Giobbe descrive tutto come un’aggressione feroce di Dio nei suoi confronti. 

Alla fine del libro, Giobbe capirà che Dio non è il suo nemico, il Signore è in realtà un potente guerriero dalla sua parte. Ma questo capitolo rappresenta una tappa del percorso di elaborazione e comprensione di Giobbe. Può capitare che, anche quando non c’è un peccato grave nella nostra vita, ci sentiamo sotto attacco da parte di Dio.

In 16:18-22, Giobbe fa una straordinaria dichiarazione di fede verso un amico e avvocato celeste, anche quando nessun altro lo sostiene (v.19-20). Quanto si sente rassicurato Giobbe da questo Testimone e garante celeste! Secondo la Bibbia chi è questa persona a cui allude Giobbe?

Giobbe ha iniziato i suoi discorsi nel cap.3 desiderando di riposare nello Sheol e ancora, in 17:10-16, trona a parlare di questo luogo (17:13,16), tuttavia, la situazione sembra essere cambiata, una piccola luce di speranza si intravede nel suo cuore (v.3-4).

 

 

Secondo discorso di Bildad (cap. 18)

Nel v.4-20, Bildad si lancia nell’ennesima accusa che Giobbe è effettivamente un ingiusto. E tutte le maledizioni piovutegli addosso sono la naturale conseguenza di ciò che ha seminato (v.21). 

 

 

Il secondo discorso di Giobbe (cap. 19)

Nel cap.19, Giobbe rimprovera nuovamente i suoi amici (vv.2-5) e, di nuovo, si lamenta dell’attacco di Dio nei suoi confronti (vv.6, 8-12) e del conseguente isolamento sociale (vv.13-19). 

Tuttavia non mancano parole meravigliose per il suo Redentore (vv. 25-27). Ogni versetto è molto significativo. Nel v.25, sebbene “polvere” possa essere un modo poetico di riferirsi alla terra (cfr. 5:6), in Giobbe è più spesso un modo di riferirsi alla tomba (Giobbe 7:21; 17:16; 20:11; 21:26; cfr. anche Salmo 22:16; Isaia 26:19; Daniele 12:2). Se questo è il modo corretto di leggere il versetto, cosa sta dicendo Giobbe nell’aspettativa che il suo Redentore – che vive – si elevi o trionfi sulla “polvere/tomba”? Ricordando che Giobbe è terribilmente malato e si aspetta di morire presto, in che modo questo ci aiuta a comprendere le parole “alla fine” nel v.25 e “dopo” nel v.26?

Quale speranza sta nutrendo Giobbe per ciò che accadrà dopo la sua morte fisica? Come si collega questa speranza all’azione del suo Redentore nel v.25? E cosa implica questa speranza riguardo a un eventuale cambiamento nel rapporto tra Giobbe e Dio?

 

 

Il secondo discorso di Zophar (cap. 20)

Quanti riferimenti a Dio si possono trovare nel racconto di Zofar sulla punizione (23, 28-29)? Tornate indietro e sfogliate le descrizioni del castigo di Elifaz e Bildad nei loro secondi discorsi (15:17-35; 18:5-21). Quante volte nominano Dio? Al contrario, anche quando ha cose negative da dire, Giobbe parla sempre di Dio: in che modo questa differenza riflette le loro diverse priorità e prospettive?

 

 

Il terzo discorso di Giobbe (cap. 21)

Giobbe passerà questo capitolo a dire la stessa cosa da diverse angolazioni in netto contrasto con il resoconto troppo ordinato di Zofar sul giudizio di Dio. E questo gli servirà per riaffermare ancora una volta una sana e grande visione del governo di Dio sul mondo e la sua magnifica grazia.  Infatti, v.5-6, sembra quasi imbarazzato nel pensare alla grazia di Dio in rapporto agli uomini empi (v.7-13).

 

 

Approfondimenti teologici

SPERANZA DI RISURREZIONE. La breve dichiarazione di Giobbe sulla speranza in un Redentore nel capitolo 19 è giustamente famosa. Anche se non è chiaro come lo sappia, Giobbe è certo di avere un avvocato che lo difenderà. Questo è in linea con la speranza in un mediatore che Giobbe esprime altrove (9:32-33; 16:18-22), ma qui Giobbe sviluppa questi pensieri immaginando il trionfo di questo Redentore sulla “polvere/morte”. In qualche modo, il Redentore di Giobbe trionferà sulle potenze della morte e dell’inferno che ora lo circondano, così che, dopo la sua morte, Giobbe sarà in grado di vedere e gioire in Dio per sempre! Questa visione di Dio implica la riconciliazione di Giobbe con Dio e la sua gioia beata alla sua presenza (Apocalisse 22:4). Il Dio frustrante e sfuggente di Giobbe 9:11, 10:20-22 é ora un redentore vivente e vincente!

 

PENTIMENTO E MERITO. Anche se non lo diranno mai, gli amici di Giobbe sembrano pensare al pentimento come a un modo per acquisire meriti presso Dio. Così come credono anche che la sofferenza sia sempre, solo e immediatamente una punizione di Dio per il peccato, allo stesso modo parlano della sofferenza come di un’opportunità per pentirsi, riformare la propria vita e tornare in obbedienza a Dio; Dio poi benedice la persona penitente (5:8-27). Sebbene anche il Nuovo Testamento insista sulla necessità del pentimento (Luca 13:3), tuttavia nella teologia degli amici non c’è spazio per l’amore e il favore di Dio verso gli empi quando sono ancora peccatori (cfr. Isaia 65:1, Romani 4:5; 5:6-8), né per l’accettazione dei peccatori solo per i meriti del loro Redentore (Filippesi 3:7-10). Al contrario, gli amici pensano che il pentimento abbia di per sé il potere di rendere un peccatore accettabile a Dio. Le convinzioni degli amici sono una sorta di teologia pericolosamente falsa, in cui gli uomini contribuiscono alla loro salvezza. Questo è molto diverso dalla visione che Giobbe ha delle benedizioni di Dio come doni sbalorditivi (Giobbe 21:5-6).

 

LE DIVERSE SFUMATURE DEL CATIGO E LA SUA CERTEZZA. É confortante credere (come fanno gli amici di Giobbe) che viviamo in un universo in cui il dolore si manifesta solo quando è meritato (secondo la logica causa-conseguenza). Ma a volte, di fronte all’apparente casualità della sofferenza, potremmo essere tentati di negare (come fa Giobbe nel capitolo 21) che la fedeltà faccia mai una differenza pratica in questa vita. La Bibbia afferma chiaramente e frequentemente che Dio ricompensa i suoi figli sia in questa vita che nell’altra, pur mostrando molta più libertà e apertura su quando e come ciascuno raccoglierà ciò che ha seminato. Per esempio, molti proverbi ci assicurano che, contrariamente alle proteste di Giobbe, Dio mantiene l’ordine morale della sua creazione, ma sono anche notevolmente vaghi riguardo a come e quando avverrà il giudizio (cfr., ad esempio, Proverbi 10:24; 11:21; 12:14; 13:9). La Parola di Dio ci insegna ad essere certi che Dio renderà a ciascuno secondo le sue opere (Salmo 62:12), ma ci invita anche a confidare nel fatto che Dio elabori il suo giudizio, a suo tempo e a suo modo.

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