In un modo che sembra progettato per frustrare e stancare il lettore, il dibattito tra Giobbe e i suoi amici, sulla ragione della sua sofferenza e sulla coerenza morale del mondo di Dio, continua senza che nessuno dei partecipanti cambi sostanzialmente la propria posizione. Gli amici rimangono aggrappati alla loro rigida concezione della giustizia retributiva di Dio. Giobbe, invece, continuerà a mettere in discussione la giustizia di Dio ed esprimerà una notevole fede nel fatto che in qualche modo lui e Dio alla fine si riconcilieranno. L’unico elemento nuovo nella fase finale del dibattito è il discorso insolitamente breve di Bildad nel cap. 25 e il silenzio di Zofar. È come se avessero esaurito le cose da dire mentre l’incontro tanto atteso tra Giobbe e Dio si avvicina.
L’ultimo discorso di Elifaz (cap. 22)
In questo ultimo discorso, Elifaz pronuncia parole molto pesanti:
- v.5-11, accusa Giobbe di aver commesso dei peccati molto gravi;
- v.12-14, gli ricorda che il giudizio di Dio non è soggetto a fraintendimento;
- v.15-17, associa il comportamento di Giobbe a quello dei malvagi che compiono azioni presumendo di non esser visti da Dio;
- v.21-30, invita Giobbe a ravvedersi affinché gli sia “resa la prosperità” (v.21).
Se Giobbe dovesse cedere a loro e compromettere la sua integrità confessando un peccato immaginario per riottenere la sua vita benedetta, quali implicazioni avrebbe per il suo rapporto con Dio e per il valore secondario delle benedizioni in tale rapporto? In che modo gli amici stanno involontariamente portando avanti il programma di Satana per Giobbe? In che modo, dalle parole dei v.27-28, si intravedono le insidie del programma del “vangelo della prosperità”?
Il terzo discorso di Giobbe (capp. 23-24)
In 23:1-7, Giobbe esprime nuovamente il suo desiderio di far valere davanti a Dio (v.4) il fatto che ciò che gli è accaduto nei capitoli 1-2 era immeritato. Ma Giobbe immagina l’incontro in modo molto diverso da come lo aveva immaginato in 9:2-20 e 10:20-22. Come esprime Giobbe la sua crescente speranza che, in qualche modo, lui e Dio si riconcilieranno?
Sebbene Dio appaia nascosto (23:8-9) Giobbe sa che ci sarà un modo per ribadire la sua innocenza davanti a questo ipotetico tribunale (23:10-12).
In 23:13-17, Per il fatto che Dio è sovrano (v.13) e i suoi disegni per la vita degli uomini sono fin troppo grandi (v.14), Giobbe prova un senso di profondo disagio (v.15-17).
Nonostante Giobbe sfoghi la sua frustrazione per l’assenza di Dio e la sua paura per ciò che potrebbe ancora riservargli, continua a mantenere la sua integrità davanti a Dio, la sua innocenza rispetto a qualsiasi peccato che possa avergli procurato quella tragedia. Come mai l’integrità di Giobbe, il suo rifiuto di rinunciare al suo senso di giustizia, lo spinge fondamentalmente nella giusta direzione, continuando a cercare Dio anche quando sembra senza speranza o terrificante?
La poesia di 24:13-17 è intensa e unica e fornisce un immagine chiara di un peccato che continua mentre il giudizio di Dio tarda ad arrivare.
L’ultimo discorso di Bildad (cap. 25)
Bildad è talmente preoccupato di far passare Giobbe per un peccatore che insiste sul fatto che nessun essere umano potrebbe mai essere giusto con Dio (v.4). Bildad insiste inoltre sul fatto che persino le dimensioni più eccelse della creazione sono sgradite a Dio (v.5). Come si concilia questo con testi sulla creazione come Genesi 1 e il Salmo 104? Quale motivo adduce Bildad nei v. 2-3 per insistere sul fatto che tutto ciò che è creato è disgustoso per Dio? È una deduzione valida?
La risposta finale di Giobbe (capp. 26-27)
Il discorso di Giobbe nel capitolo 26 è uno dei più emozionanti dell’intero libro. Le sue parole sembrano provocate dall’affermazione di Bildad in 25:2 sul dominio di Dio nei cieli, quasi come se Giobbe volesse aprire gli occhi a Bildad su come sia realmente questo dominio.
La battaglia di Dio contro il caos cosmico, simboleggiato dal serpente, è descritta nei v.11-13. Come si esprime ciascuno di questi versetti? In che modo ciascuno di questi versetti viene enunciato in modo da sottolineare la certezza della vittoria di Dio? Come viene descritto il serpente nel v.13? In che modo questo capitolo può confortare Giobbe, che aveva iniziato i suoi discorsi parlando di Sheol e di un’oscurità che avrebbe avvolto tutta la terra?
Con quale nota Giobbe conclude il cap.26 (al v.14)? Che cosa lascia intendere sulla grandezza di Dio?
Approfondimenti Teologici
I PERICOLI DI UN DISCORSO INSENSATO. Proprio come gli amici di Giobbe, possiamo sembrare molto spirituali e dare consigli che sono superficialmente plausibili e teologicamente corretti, per poi malignare profondamente un servo di Dio (22:5-11) e torturarlo (19:2). Vedremo come, quando Dio parla finalmente a Giobbe (capp. 38-41), non pronuncia una parola di accusa, anche se avrebbe potuto certamente prendere Giobbe a male parole per le cose false che aveva detto! Vale la pena di riflettere sulle parole di Giobbe in 26:3-4: se non siamo in grado di aiutare persone reali con problemi reali, non importa quanto possiamo essere corretti teologicamente o eloquenti. La nostra saggezza non avrà valore. In netto contrasto con la “saggezza” degli amici di Giobbe, la saggezza autentica non accusa o biasima dando consigli moraleggianti.
IL GUERRIERO DIVINO. Nell’Antico Testamento, Dio è raffigurato sia come un pastore dolce e tenero (Isaia 40:11) sia come un potente guerriero (Esodo 15:3). L’Antico Testamento ci aiuta a capire che le forze soprannaturali del caos e del male minacciano la stabilità e la sicurezza del mondo e del popolo di Dio, ma Dio è acclamato come colui che va in guerra per difenderci (tra i tanti testi, si vedano i Salmi 18; 46; 74; Isaia 18; 46; 74; Isaia 27:1; Habacuc 3:3-15; cfr. Apocalisse 19:11-16). Giobbe 26 si unisce a questi altri testi per ampliare la nostra visione di una grande battaglia che si sta combattendo nel mondo di Dio. La vittoria è certa, ma il conflitto è così grande e doloroso che può essere espresso solo con un linguaggio simbolico.
IN ATTESA DEL GIUDIZIO DIVINO. Anche se alla fine del libro, Giobbe si renderà conto di aver sbagliato ad affermare che Dio ritarda la sua giustizia, altri passi biblici mostrano perché il giudizio a volte tarda ad arrivare. Giacomo 5:7 invita ad attendere pazientemente la venuta del Signore mentre si soffre per l’oppressione. Paolo ci avverte in Romani 2:4-5 che Dio rinvia il giudizio con bontà, il che ha lo scopo di portare al pentimento. Egli indica anche la croce come l’atto finale della giustizia di Dio, in quanto il Figlio prende su di sé la punizione per i peccati che il Padre, nella sua clemenza, ha tollerato (Romani 3:25). Senza essere assolutamente d’accordo con la protesta di Giobbe, quindi, altri passi fanno comunque eco alla sua preoccupazione per la giustizia.
TRASCENDENZA DIVINA. L’Antico Testamento afferma meravigliosamente che Dio si rivela nella natura (Salmo 19:1) e nella rivelazione speciale al suo popolo (Esodo 3:6). Ma l’Antico Testamento afferma anche che Dio rimane insondabilmente trascendente: abita nelle tenebre profonde (Salmo 97:2), in una categoria completamente diversa da tutto ciò che è creato (Isaia 40:18), e davanti a lui le parti più grandi della creazione sono polvere e meno di niente (Isaia 40:15). Nemmeno Mosè avrebbe potuto sopravvivere alla vista del volto di Dio (Esodo 33:20). Giobbe lo esprime magnificamente in 26:14, descrivendo la vittoria di Dio sul serpente che Isaia e il salmista celebrano (Isaia 51:9-11; Salmo 74:12-17) come “la periferia delle sue vie”. Trascorreremo un’eternità viaggiando sempre più in profondità nell’infinita delizia del Signore, anche se egli, per certi aspetti, rimarrà infinitamente al di sopra di noi.