Nei primi secoli d.C. le controversie all’interno della chiesa ebbero a che fare con questioni dottrinali a cui oggi, troppo spesso, ne trascuriamo il vero valore.
Oggi, per esempio, riteniamo vero il fatto che Cristo è l’Eterno Figlio di Dio incarnato. Ma ci fu un tempo, tra il III e IV sec., in cui tutto questo fu messo in discussione.
Colui che si pose come strenuo difensore di questa dottrina fu un uomo, nato in Egitto nel 298 D.C., chiamato Atanasio.
Con questa introduzione getteremo luce sulla sua vita, le sue opere e il suo pensiero.
Atanasio nacque ad Alessandria d’Egitto alla fine del III secolo (tra il 295 d.C. e il 298 d.C), in un mondo sconvolto dalle lotte imperiali, le deviazioni religiose e le frequenti persecuzioni. Non a caso crebbe in quello che viene chiamato il periodo della “grande persecuzione” di Diocleziano. Le violenze e i martiri verso chi non si adeguava all’idolatria romana, raggiunsero picchi di grande sofferenza. Il suo editto persecutorio fu affisso nella capitale Nicomedia (l’attuale Izmit in Turchia) e ordinava:
a) il rogo dei libri sacri, la confisca dei beni delle chiese e la loro distruzione;
b) il divieto per i Cristiani di riunirsi e di tentare qualunque tipo di difesa in azioni giuridiche;
c) la perdita di carica e privilegi per i cristiani di alto rango, l’impossibilità di raggiungere onori e impieghi per i nati liberi, e di poter ottenere la libertà per gli schiavi;
d) l’arresto di alcuni funzionari statali.
Questo era il mondo tormentato in cui Atanasio crebbe.
La Questione Ariana
Con Costantino il rapporto tra i cristiani e l’impero si rasserenò molto. Ma altri problemi continuavano ad alimentare le tensioni dell’epoca. Problemi di natura più dottrinale, una fra tutti la questione ariana. In estrema sintesi c’era il bisogno di comprendere meglio la persona di Cristo e come facevano a convivere in Lui due nature distinte (quella umana e quella divina). E questo portava inevitabilmente a trovare risposte riguardo al suo rapporto trinitario con il Padre.
C’erano principalmente due posizioni contrapposte: da una parte i cristiani che confessavano la deità e l’eternità del Figlio, e dall’altra gli ariani che si opponevano a questa verità. Ario e i suoi seguaci sostenevano che: “Dio, essendo la causa di tutte le cose, è eterno e del tutto unico, ma il Figlio essendo stato generato separato dal tempo prima di tutte le cose, solo fu fatto esistere dal Padre. Poiché egli non è eterno o co-eterno o co-inoriginato con il Padre, ne ha che il suo essere insieme con il Padre, come alcuni parlano di consanguineità, introducendo due origini ingenerate, ma Dio è prima di tutte le cose, essendo Monade e Principio di tutto. Per cui è prima del Figlio. Quindi il Figlio ha da Dio esistenza, glorie e vita […]”.
La disputa non era di poco conto. Non si trattava di sottigliezze. La posta in gioco era ben più alta, perché tutta la questione della salvezza era minacciata. Se Cristo non è eternamente divino e nello stesso tempo uomo, che garanzie ci sono riguardo alla certezza della salvezza? Se Lui non si fosse assunto per intero la condizione umana, sia moralmente che carnalmente, quale speranza ci sarebbe per gli uomini peccatori?
Il Concilio di Nicea
Perciò nel 325 d.C Costantino decise di convocare un concilio nel tentativo di ristabilire l’unità dogmatica ma soprattutto la pace sociale all’interno del proprio impero. E così, nel 325 d.C, all’età di circa 30 anni, Atanasio, in veste di diacono, accompagnò Alessandro, vescovo di Alessandria, a Nicea per parteciparvi.
In quel concilio venne proclamata la fede nella Divinità di Cristo in quanto consustanziale al Padre. Fu lì che, per la prima volta, venne stabilita la definizione “homoousius” cioè «della stessa sostanza»: il Figlio, in pratica, condivide condivide la stessa sostanza eterna e divina del Padre. Fu un pronunciamento fortissimo contro il pensiero ariano.
Questa fu la confessione che ne scaturì: “Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore di tutte le cose visibili e invisibili; e in un solo Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, generato dal Padre, unigenito, cioè dalla stessa sostanza del Padre, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato ma creato, della stessa sostanza del Padre, mediante il quale sono state fatte tutte le cose, sia quelle che sono in cielo, sia quelle che sono sulla terra. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, s’incarnò, divenne uomo, soffrì e risuscitò il terzo giorno, salì nei cieli, verrà per giudicare i vivi e i morti; e nello Spirito Santo. Ma quelli che dicono: vi fu un tempo in cui egli non esisteva; e: prima che nascesse non era; e che non nacque da ciò che esisteva, o da un’altra ipostasi o sostanza che il Padre, o che affermano che il figlio di Dio possa cambiare o mutare, questi la chiesa cattolica e apostolica li condanna”.
Nonostante questo risultato confessionale e dogmatico davvero significativo, tuttavia il concilio non riuscì a placare gli animi delle parti in causa. Anzi ne scaturì una maggior frattura sia tra le parti che si opponevano al pensiero ariano (che si divisero ulteriormente tra di loro facendo sorgere la scuola d’occidente o partito niceno tra cui la scuola di Antiochia, Atanasio e altri orientali come lui che sostenevano la divinità di Gesù Cristo, ma erano meno convinti sulla tri-unità); e coloro che seguivano il pensiero di Origeniano (ovvero la scuola Orientale molto rigida sulla tri-unità ma più fragile rispetto all’idea di eterna divinità del Figlio). Le parti in lotta, cioè il partito orientale, quello occidentale e gli ariani, si fronteggiarono per oltre mezzo secolo. E in quegli anni fu proprio la figura di Atanasio a diventare il baluardo della fede cristiana. Egli divenne vescovo di Alessandria il 17 Aprile 328 d.C (3 anni dopo il concilio di Nicea), a seguito della morte di Alessandro. Per 46 anni Atanasio si prese cura non solo della sua gente ma di tutta l’eredità apostolica di cui noi oggi pure beneficiamo!
L’uomo Atanasio
In questa introduzione verranno segnalate non solo le opere più importanti di quest’uomo ma anche l’importanza della sfida che raccolse (e coinvolse) un ragazzo poco più trentenne. Colpisce infatti la sua giovane età, ma soprattuto la forza e l’amore per le convinzioni che nutriva riguardo a Gesù Cristo! Egli era sì un giovane vescovo, ma la sua intrepida fedeltà alla dottrina, che per quasi mezzo secolo difese contro l’arianesimo, rimane scolpita nella storia. Noi tutti ne siamo debitori perché la salvezza in cui oggi fondiamo la nostra gioia egli l’ha preservata per noi!
Le spalle di cui siamo debitori sono le spalle di un uomo solo contro un mondo ariano e in preda delle filosofie più strampalate. Sono le spalle di un uomo che subì ben cinque esilii e visse sotto la costante minaccia di morte a causa del suo amore per la verità apostolica. Ben 17 dei suoi 46 anni di episcopato furono trascorsi in 5 esili diversi. A Lui non sono attribuiti miracoli ma, come scrive A. Robertson in Nicene and Post-Nicene Fathers, gli è tributata un’atmosfera di verità! Gregorio Nazianzeno nella sua orazione 21, lodò l’inflessibilità e lo zelo di Atanasio manifestati appunto in una grande audacia davanti ai potenti.
Come dicevamo prima, l’amore per Gesù Cristo lo coinvolse anima e corpo in una battaglia durissima al servizio della sua verità e della sua divinità! Egli rimase fermo contro la travolgente fuga dall’ortodossia e solo alla fine della sua vita potè vedere che quegli sforzi ne erano valsi la pena!
Sebbene provenisse da una terra influenzata dalla filosofia greca, le sue argomentazioni non erano speculative. Egli si impegnò con tutte le sue forze a porre in essere una solida difesa della fede cristiana attraverso affermazioni conformi alla Scrittura e non concedeva mai un ripensamento rispetto a ciò che una corretta esegesi indicava. La gioia per l’eternità e la divinità del figlio lo indussero a non pensare mai di mettere a tacere la sua coscienza per amore di un pò di pace…
La Divinità eterna di Cristo
Nella sua opera più conosciuta “Discorsi contro gli Ariani”, egli spiega per filo e per segno come comprendere l’essenza del Figlio e la sua relazione con il Padre. La sua dissertazione riesce a chiarire molto efficacemente sia la sostanziale unità tra loro, ma anche l’inevitabile distinzione. Sintetizzando il suo Discorso III, par. 3 e 4 egli sostiene che: “Proprio perché il Figlio è nel Padre […], chi vede il Figlio, vede ciò che è proprio del Padre […]. Per questo motivo Gesù, dopo aver detto: “Io e il Padre siamo Uno”, ha aggiunto: “Io nel Padre e il Padre in me” (Giovanni 10:30). Tutto questo per mostrare l’identità di Dio e l’unità dell’Essenza. Perché sono una cosa sola, non come una cosa divisa in due parti (come se il Medesimo diventasse una volta Padre e un’altra volta Figlio). Ma sono due, perché il Padre è Padre e non è anche Figlio e il Figlio è Figlio e non anche Padre; ma la natura è una; e tutto ciò che è del Padre, è del Figlio. Perciò neppure il Figlio è un altro Dio, perché non è stato procurato dall’esterno. Lui e il Padre sono uno nella proprietà e nella particolarità della natura, e nell’identità dell’unica Divinità”.
Atanasio aveva lottato con grande passione per la difesa della divinità di Cristo perché si rendeva conto che la salvezza dei peccatori era possibile e realizzabile unicamente per il fatto che il Figlio non è solo una creatura al pari delle altre o comunque migliore, ma l’Eterno Dio onnipotente perfettamente in grado di salvarci in virtù della sua natura divina.
Questo tema è approfondito ulteriormente nella sua opera “Sull’incarnazione”. Atanasio dovette fronteggiare le accuse dei giudei e dei pagani secondo cui l’incarnazione e la crocifissione del Figlio di Dio erano qualcosa di improprio e degradante. Per tutta risposta, Atanasio sostenne che: “l’incarnazione e la croce erano più che appropriate, adatte e ragionevoli”! Questo perché “soltanto Colui attraverso il quale il mondo fu creato può davvero porre in essere la tanto sperata restaurazione (e la restaurazione non può essere considerata a prescindere della croce)”!
Atanasio ricorda che “siamo stati noi la causa della sua incarnazione. Per la nostra salvezza egli ci amò a tal punto da apparire e nascere con un corpo umano…nessuno all’infuori del Salvatore stesso, che nel principio fece dal nulla ogni cosa, poteva prendere ciò che era corrotto e portarlo all’incorruttibilità; nessuno all’infuori dell’Immagine del Padre poteva ricreare gli uomini all’immagine di Dio; nessuno all’infuori del Signore Gesù Cristo, che è la Vita stessa, poteva rendere immortale il mortale […]. Poiché il debito di tutti gli uomini doveva essere pagato (infatti tutti dovevamo morire), egli venne in mezzo a noi e, dopo aver dimostrato la propria divinità tramite le sue opere, egli offrì il suo sacrificio per conto di tutti e consegnò il suo corpo alla morte al posto di noi tutti.
Egli fece questo per liberare gli uomini dalla colpa del primo peccato e dar prova di essere più potente della morte, dimostrando pure che il suo corpo era incorruttibile, primizia della nostra resurrezione. Due miracoli avvennero nello stesso momento: la morte di tutti gli uomini fu compiuta nel corpo del Signore e la morte e la corruzione furono distrutte a causa del Verbo (la Parola) unito al corpo. Attraverso la sua morte, l’immortalità ha raggiunto tutti e, attraverso la sua incarnazione, la provvidenza si è fatta conoscere”.
Questo dunque è lo spessore teologico di Atanasio e spero che, nonostante queste poche righe, si possa comunque percepire il valore e la densità di queste verità.
Come dicevo prima, Egli fu uno strenuo difensore della fede cristiana, soprattutto per ciò che riguarda la divinità del Figlio. Ma fu anche un prolifico autore di scritti tra cui diversi trattati anti-ariani (“Discorsi contro gli ariani” è senz’altro la sua opera più conosciuta e voluminosa), diverse opere apologetiche (tra cui “Discorso contro i pagani” e “Sull’incarnazione”), alcune lettere, in particolare quelle scritte in occasione della Pasqua (quella dell’anno 367 vale la pena menzionarla perché in essa furono citati, per la prima volta, i 27 libri di quello che oggi conosciamo come il NT) e “Vita di Antonio” (forse la sua opera più controversa, perché in essa Atanasio sostiene e incoraggia il modello vita ascetico attraverso la testimonianza di un uomo chiamato appunto Antonio).
Lezioni per noi
In conclusione di questa introduzione su Atanasio, vorrei sottolineare l’importanza di avvicinarci alla sua figura. Per farlo seguirò da vicino due libri tradotti in Italiano: “Combattere strenuamente per la fede” di John Piper e “Compendio del Pensiero Cristiano” di Tony Lane.
1) Atanasio prese sul serio le deviazioni della sua epoca. La difesa che pose in essere per il bene della chiesa fu un’attività dolorosa ma necessaria. Le controversie che dovette affrontare non erano dettate dall’orgoglio o dalla voglia di esercitare retorica. Piuttosto furono un segno di coraggio per il Vangelo e profondo amore per Cristo. La posta in gioco, come dicevo, non riguardava solo la fede dei cristiani del suo tempo ma anche la nostra. Troppo spesso la chiesa di oggi tende a disinteressarsi di questioni legate alla geopolitica, ai problemi sociali o culturali, alla tecnologia o al cambiamento climatico perché vengono generalmente ritenute questioni “non spirituali”. Ma il mondo è in continua evoluzione ed esercita pressioni più o meno forti per tentare di cambiare e superare i suoi limiti. Peccato che la Bibbia descriva tutto questo come dei sottoprodotti della propria “corruzione” intrinseca (Isaia 53:1-3; 59:2), della propria “malvagità e menzogna” (Geremia 17:9; Genesi 6:5; Ecclesiaste 7:20) e del suo proprio “travaglio” (Romani 8:22). La chiesa di oggi non può permettersi un atteggiamento superficiale nei confronti di qualunque cambiamento in atto! Deve essere sempre pronta a proclamare le verità di Dio e a rispondere in modo adeguato al contesto in cui si trova.
2) Atanasio aveva una grande considerazione delle Scritture. Nel tempo in cui lui visse i dati biblici erano interpretati male. Ci si affidava troppo all’esperienza personale e “spirituale” badando pochissimo all’ortodossia, cioè a ciò che la Bibbia dice riguardo alle sue verità (oggi accade lo stesso). Il cuore di Atanasio batteva perché era stato sottoposto all’impatto della verità di Dio che crea e agisce e salva peccatori depravati. Questa era la gioia ciò che ardeva nel suo cuore e lo spinse a dilettarsi nelle Scritture! Atanasio desiderava preservare il vero significato della Parola e non avrebbe mai permesso che una controversia o un’eresia ne minassero il contenuto. Questo porta chiederci cosa ne stiamo facendo della Bibbia. Quale valore le stiamo attribuendo. E in che modo ci stiamo adoperando per esporre la verità contenuta in essa attraverso le complessità e le problematicità del mondo in cui viviamo.
3) Atanasio ci insegna il vero coraggio di un discepolo di Cristo. Atanasio affrontò diversi pericoli durante il suo vescovado. Dovette affrontare chi si era intrufolato nella sua chiesa con l’intento di commettere degli omicidi. Dovette affrontare imperatori pagani e papi corrotti o idolatri. Dovette affrontare con la stessa determinazione, umiltà e mitezza sia gli eretici che gli ecclesiastici spinti da furori sbagliati. Atanasio contra mundum ci insegna che il discepolo di Cristo non è coraggioso perché non nutre paura. Ma perché la speranza del vangelo suscita la gioia più grande che si possa mai desiderare. Di certo non avrebbe mai perseverato con tanta dedizione se fosse stato motivato da mere intenzioni filologiche. La sua determinazione era motivata dal fatto che credere in Cristo in un determinato modo porterà all’inferno e non a salvezza!
Questo è una breve panoramica di chi fu Atanasio e di come visse contro il mondo. Nonostante la pesante pressione a cui fu sottoposto, quest’uomo non si smosse dalla sua posizione di un millimetro. Non per orgoglio, ma perché vide chiaramente la forza della grazia di Cristo e si propose di non metterla mai a tacere cedendo alla tentazione di negarla. La sua lealtà alla verità fece di lui una grande benedizione per le chiese della sua epoca.