Uno dopo l’altro, gli amici di Giobbe cercano di mettere in pratica il loro proposito di mostrare compassione a Giobbe e di confortarlo (Giobbe 2:11), ma falliscono. Gli amici di Giobbe credono profondamente nel principio secondo cui tutto ciò che le persone ricevono nella vita è il risultato diretto del loro comportamento. Dopo aver visto la sofferenza di Giobbe, sono certi che Giobbe deve per forza aver fatto qualcosa per meritarsi un trattamento così duro da parte di Dio. Di conseguenza, lo esortano continuamente a pentirsi di qualsiasi peccato che abbia causato l’ira divina. Questo è l’unico conforto che hanno da dare: solo un atteggiamento moralistico davanti alla sofferenza!
D’altra parte, poiché Giobbe sa di non aver fatto nulla di grave per meritare questa sofferenza, non avrà altra possibilità se non quella di mettere in discussione la giustizia di Dio – e di mettere in discussione il carattere di Dio in questo processo di elaborazione del dolore. Tuttavia, mentre Giobbe protesta contro il trattamento ingiusto di Dio nei suoi confronti, inizieranno ad emergere segnali di una fede autentica che è all’opera nel Dio verso cui è amareggiato. Questa fede diventerà sempre più profonda man mano che i dibattiti proseguiranno.
Il primo discorso di Elifaz (cap. 4-5)
Sembra che Elifaz si stia ponendo premurosamente davanti a Giobbe (4:1-2), in realtà la premessa alle sue domande (4:3-5) e le domande stesse (4:6-7) evidenziano una visione teologica di Dio errata. Ricordiamo che si sta rivolgendo a una persona talmente malata da essere prossima alla morte, eppure è così audace da affermare che nessun uomo innocente o retto muore prima del tempo (4:7). Che cosa sta insinuando Elifaz sulla causa della sofferenza di Giobbe (4:18-19)?
Al cap.5 Il suo discorso sembra svilupparsi ulteriormente considerando l’origine della sventura (5:3-7) e il modo, apparentemente pietoso, di agire di Dio verso i miseri (5:14-15). Tuttavia la prospettiva della sofferenza del suo amico non cambia: Giobbe deve aver fatto qualcosa per meritarsi la correzione divina (5:17a). Qual è la sua raccomandazione per porre fine a questa sofferenza (5:17b-18)? Cosa promette Elifaz a Giobbe se seguirà il suo consiglio (5:20-27)?
Ricordando ciò che è stato detto su Giobbe in 1:1-3, il modo in cui Dio lo ha difeso 1:8 e 2:3, e come Satana non ha potuto additargli, finora, alcun peccato rilevante, come valuti il discorso di Elifaz? Ha diagnosticato correttamente il problema di Giobbe?
La prima risposta di Giobbe (capp. 6-7)
Giobbe risponde pronunciando due lamenti (6:2-13; 7:1-10). Tra il primo lamento e il secondo c’è un crescendo. Nel primo lamento inizia mettendo in luce il peso del suo travaglio (6:2), per poi rivolgere rivolge domande retoriche (6:12) e concludendo con una valutazione sul suo stato di miseria fisica e spirituale (6:13). Ma nel secondo lamento la disperazione di Giobbe si acutizza perché parla di una tragedia irredimibile prendendo in prestito delle figure retoriche (soldato, schiavo, operaio 7:1-2). Superare ogni giorno è come un lavoro da cui non ti riesci a liberare, perciò la speranza è persa completamente (7:7, 9-10).
Ai due lamenti si aggiungono anche due critiche, prima ai suoi “amici” (6:14-30) poi a Dio (7:11-21). La sua prima affermazione contro i suoi amici, in 6:14, colpisce molto. Anche le domande che rivolge al Signore in 7:12, 17-21 ci mostrano il livello estremo della sua disperazione. Se nei primi tre capitoli, il perimetro della sofferenza di giobbe riguardava “solo” la sofferenza familiare (ha perso i suoi figli, le sue proprietà, la moglie non lo aiuta) e quella fisica, quali altre due sofferenze stanno aggravando Giobbe)? Risposta: gli “amici” insensibili e un Dio che sembra non voler rispondere.
Il primo discorso di Bildad (cap. 8)
Il discorso di Bildad sembra concordare con il ragionamento di Elifaz secondo la logica peccato-giudizio: Giobbe deve aver fatto qualcosa per cui merita una punizione (8:13, 20). Inoltre, con parole vergognose, fa riferimento al presunti peccati dei figli di Giobbe e al conseguente giudizio Divino.
Il secondo discorso di Giobbe (capp. 9-10)
Bildad ha appena affermato che Dio tratta sempre gli uomini con giustizia (8:3). Poiché Giobbe è certo che la sua sofferenza sia ingiusta, in 9:1-20 risponde immaginando l’unico scenario in cui potrebbe essere fatta giustizia: in un tribunale! Se, in un qualche modo, si potesse portare Dio in un ipotetico tribunale, Giobbe avrebbe l’opportunità di sostenere la sua causa. La sua causa contro Dio é riassunta in 9:22-24, 29-31, 34-35.
Nel capitolo 10, Giobbe sembra invitare Dio a mettersi nel banco degli imputati per rispondere alle domande dell’accusa (10:3-7,10). E poi la conclusione finale: Il disegno terrificante di Dio per Giobbe era questo fin dall’inizio (10:12-13). Dove porterà Giobbe a sfogarsi in questo modo (10:20-22)?
Il primo discorso di Zofar (cap. 11)
Zofar rincara la dose e suggerisce a Giobbe lo stesso consiglio dei suoi amici in 11:13-20. Le affermazioni di Zofar sono pertinenti alla situazione di Giobbe?
Fin qui, come si potrebbe riassumere la teologia degli amici di Giobbe? Nonostante parlano spesso di Dio, come valutare le loro affermazioni alla luce di testi come Romani 5:1, 6-11; 8:1; Tito 3:4-6? Davvero il Dio agisce sempre secondo la logica peccato-giudizio? Che ruolo ha la grazia traboccante e immeritata di Dio?
Il terzo discorso di Giobbe (capp. 12-14)
Al cap.12-13 Giobbe cerca di scrollarsi di dosso il peso delle parole vuote dei suoi amici (12:1-12; 13:1-12) e trova pure il tempo per una battuta sarcastica (12:2). Offre pure una contro-argomentazione ai “consigli” dei suoi amici risaltando la grandezza di Dio e il suo governo sul mondo (12:13-25; 13:1-12). In particolare, leggendo il discorso di 12:13-25, sembra far emergere un Giobbe decisamente diverso da quello oscuro del cap.10. Quale attributo di Dio lo sta aiutando a risollevarsi? Cosa ci sta implicitamente insegnando sul beneficio che se ne trae quando riflettiamo sugli attributi di Dio?
La montagna russa emotiva di Giobbe continua a scendere e a salire. Infatti nel cap.13, Giobbe ritorna al suo ipotetico processo contro Dio (13:18), ma qui lo immagina in modo diverso da come lo aveva immaginato nei cap. 9-10. Soprattutto in 13:16-23, in che modo Giobbe sembra più speranzoso quando contempla un simile incontro con Dio? Quale desiderio sta crescendo in Giobbe e comincia a dominare i suoi pensieri?
Approfondimenti teologici
FALLIMENTO DEL VANGELO. Gli amici di Giobbe mostrano una teologia del merito rigorosa: Dio dispensa sofferenze ai peccatori, ma il pentimento ti qualifica per la misericordia di Dio (cfr. Rm 5:6-8). Questo impedisce loro di considerare la possibilità che Dio tratti un peccatore meglio di non si possa immaginare. Dio è molto più aperto a perdonare che a condannare. Queste persone non hanno categorie per declinare la grazia nel loro rapporto con Dio, sono del tutto privi di misericordia con Giobbe, dicendogli che tutte le sue sofferenze sono giustamente meritate (8:2-3) – o forse sono addirittura meno di quanto si meriti (11:6). Da parte sua, Giobbe tocca il suo punto più basso nei capitoli 9-10. In nessun altro luogo egli ritrarrà Dio in modo così sinistro e crudele.
Dopo questi capitoli, la sua speranza di potersi in qualche modo riconciliare si farà sempre più forte. Ma Giobbe non riesce mai a liberarsi dal sospetto che Dio sia un prepotente o un mostro, finché Dio stesso non gli parlerà alla fine. Questi capitoli ritraggono il fallimento della benevolenza umana nel modo in cui gli amici di Giobbe si rivolgono a lui, dimostrando anche l’incapacità di Giobbe di immaginare la realtà di un Dio benevolo.
PRESERVAZIONE DI DIO PER I SANTI. Il discorso di Giobbe nei cap.9-10 sono difficili da leggere, soprattutto il riassunto della sua causa contro Dio in 9:22-24. Ancora più angosciante è la tentazione di Giobbe di maledire Dio e quindi di fallire la prova in cui Satana lo ha messo. Ma c’è un raggio di speranza. Quando Giobbe dipinge Dio come un dittatore crudele o un prepotente, è a un passo dal maledire Dio e dal dare ragione a Satana. Ma per quanto lieve sia la differenza tra l’AFFERMARE che Dio è un tiranno e il MALEDIRE effettivamente quel tiranno, Giobbe farà la prima cosa, non la seconda!
Date le cose che Giobbe ha detto su Dio, naturalmente, è strano che non rinunci a Dio. Perché mai qualcuno dovrebbe continuare a relazionarsi con un Dio che sembra ridere quando vengono rovinate vite innocenti (9:23)? Ma anche quando Giobbe dice su Dio cose di cui poi si vergognerà completamente (42:6), alla fine non potrà proprio fare a meno di Dio nella sua vita. La perseveranza di Giobbe nella fede sembra inspiegabile, se non per il fatto che Dio non permetterà mai che i suoi figli si allontanino totalmente da Lui. Allo stesso modo, quando Dio ci mette in una situazione in cui potremmo pensare di avere tutte le ragioni per rinunciare a lui, lo Spirito di Dio ci permetterà di resistere nel nostro rapporto con lui, in modo imperfetto ma sincero: “Anche se mi uccide, io spero in lui” (13:15).