Romani 10 – La giustificazione di Dio nel suo piano per Israele e i pagani

epistola ai romani

Nei primi versetti di questa lettera Paolo dice che spiegherà “il suo vangelo”, cioè il vangelo che caratterizza l’intera sua vita, passione e dedizione. Tutta la sua vita è saturata del vangelo di Cristo. 

Poi abbiamo visto che ha spiegato alcune verità bibliche molto importanti:
– I principi della condotta di un credente (1:8-15);
– Il problema del peccato e l’ira di Dio contro l’umanità (1:18-32);
– Il giudizio divino (2:1-16);
– L’estensione del peccato (3:9-20);
– La bellezza della giustificazione per sola fede (3:21-4:25);
– La certezza della salvezza (5:1-11);
– La trasmissione del peccato originale (5:12-21);
– La santificazione e l’opera dello Spirito Santo (capitoli 6-8);
– La sovranità di Dio che per grazia elegge a salvezza fin dall’eternità i peccatori (capitolo 9). 

A questo punto ci siamo domandati, perché Paolo, dopo tanta teologia, prende tre capitoli per parlare di Israele? Quale sarà il destino d’Israele se la legge e i riti “esteriori” non hanno più valore? 

Le obiezioni a cui Paolo risponde nel capitolo 9 dimostrano che era già nei piani di Dio che Israele rifiutasse la venuta di Gesù e che la stessa salvezza a cui erano stati partecipi gli Israeliti si sarebbe estesa anche ai gentili. In realtà le cerimonie che troviamo descritte nei primi 5 libri della Bibbia non sono mai state uno strumento di salvezza. La fede in Cristo, invece, è sempre stato il veicolo attraverso cui essere salvati (già nel capitolo 4 Paolo lo spiega molto bene citando l’esempio di Abramo). 

Tutte le scelte che Dio ha fatto nelle storia, dalla creazione fino ad oggi, rivelano la sua sovranità e sono state fatte in forza della santa giustizia. Nel capitolo 9 Paolo parla  di un piano salvifico che era già stato annunciato attraverso i profeti prima di Cristo. 

Israele, purtroppo, è rimasto sordo alla predicazione del vangelo di Gesù Cristo e alle sue opere e nonostante che a questo popolo siano stati dati tanti privilegi nel passato, ora la salvezza si è allargata ad un popolo mondiale. 

In questo capitolo 10 Paolo prosegue la sua riflessione sul disegno sovrano di Dio che permette, da una parte, l’indurimento di Israele, ma dall’altra, la salvezza degli altri popoli del mondo.

 

UN SINCERO AFFETTO (v.1-4) 

1 Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera a Dio per loro è che siano salvati. 2 Io rendo loro testimonianza infatti che hanno zelo per Dio, ma zelo senza conoscenza. 3 Perché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria giustizia, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio; 4 poiché Cristo è il termine della legge, per la giustificazione di tutti coloro che credono.

Abbiamo visto che Paolo rimane fermo nel contrastare le ipotetiche opposizioni che potevano sorgere dai Giudei verso l’apparente nuovo messaggio di Gesù. E lo fa affermando che la loro opposizione è sbagliata e che la loro ostinatezza nel restare fedeli a tutti i riti esteriori non li avrebbe aiutati ad ottenere salvezza e accettazione da parte di Dio.

Nonostante questo però, vediamo che l’affetto di Paolo verso questo popolo è profondo. Non li odia, non li rigetta e il suo cuore è pieno di compassione . Questo lo vediamo al v.1 dove dice che DESIDERA che siano salvati e prega per loro. Non solo desidera ma intercede per loro. 

E’ molto probabile che ricordasse come lui stesso aveva vissuto la sua vita prima di incontrare Gesù e come anche lui aveva vissuto nello stesso errore. Lo ricorda chiaramente in altre epistole Galati:

 

Infatti voi avete udito quale sia stata la mia condotta nel passato, quando ero nel giudaismo; come perseguitavo a oltranza la chiesa di Dio, e la devastavo; e mi distinguevo nel giudaismo più di molti coetanei tra i miei connazionali, perché ero estremamente zelante nelle tradizioni dei miei padri. (Galati 1:13-14)

 

5 io, circonciso l’ottavo giorno, della razza d’Israele, della tribù di Beniamino, ebreo figlio d’Ebrei; quanto alla legge, fariseo; 6 quanto allo zelo, persecutore della chiesa; quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile. 7 Ma ciò che per me era un guadagno, l’ho considerato come un danno, a causa di Cristo. (Filippesi 3:5-7)

 

Egli conosce molto bene come si sentono. Conosce quella condizione di spirito. Conosce quello che stanno provando. Rivede gli stessi errori in cui era caduto anche lui prima di conoscere Gesù. 

Riconosce il loro sincero zelo per Dio. Però non li può giustificare per la loro opposizione a Gesù e il perenne tentativo di stabilire la loro giustizia attraverso delle buone opere. Il suo desiderio e la sua speranza è che, come era capitato a lui di ravvedersi, questo potesse avvenire anche a loro. 

Purtroppo non avevano capito il bisogno di seguire Cristo per essere giustificati e continuavano a seguire una propria giustizia dettata da ideologie personali piuttosto che la grazia di Cristo che aveva compiuto la legge al posto loro. Al v. 4 Paolo mette un punto al discorso. 

Affermando che la fede in Cristo come Signore e Salvatore mette fine all’inutile tentativo da parte di ogni peccatore di raggiungere la giustizia per mezzo della osservanza della legge come aveva già detto precedentemente in 3:20-22 e come è scritto in Isaia 64:6:

Tutti quanti siamo diventati come l’uomo impuro, tutta la nostra giustizia come un abito sporco; tutti quanti appassiamo come foglie e la nostra iniquità ci porta via come il vento.

E ora aggiunge che era già stata profetizzata la gravità del peccato che rendeva l’uomo incapace di essere puro. 

 

 

LA VIA DELLA LEGGE E QUELLA DELLA FEDE (v.5-13)

Paolo a questo punto spiega nuovamente la differenza che c’è tra seguire la via della legge e quella della fede. E lo fa prendendo in esame due brani dell’Antico Testamento. Il primo è Levitico 18.5:

Osserverete le mie leggi e le mie prescrizioni, per mezzo delle quali chiunque le metterà in pratica vivrà. Io sono il SIGNORE.

Quello che Paolo vuole dire è che l’uomo che tenta di seguire tutte le regole della legge morale e spirituale di Dio, otterrà la vita per il fatto che le fa. Domanda: cosa c’è di male nel fare questo? Non è giusto questo cercare di fare tutto quello che Dio ci dice di fare? Non dovrebbe essere anche il nostro desiderio e soprattutto, un comandamento del Signore? Risposta: è impossibile riuscirci! Nessuno riuscirà a fare tutto quello che Dio chiede e come lo richiede. Nessuno è mai riuscito a guadagnarsi la vita e la salvezza percorrendo quella strada. Neppure Mosè o Paolo ci riuscirono. Addirittura Paolo stesso, che era stato un irreprensibile fariseo e scrupoloso osservatore della Torah, ammette il suo fallimento davanti all’eccellenza di Cristo:

i veri circoncisi siamo noi, che offriamo il nostro culto per mezzo dello Spirito di Dio, che ci vantiamo in Cristo Gesù, e non mettiamo la nostra fiducia nella carne; 4 benché io avessi motivo di confidarmi anche nella carne. Se qualcun altro pensa di aver motivo di confidarsi nella carne, io posso farlo molto di più; 5 io, circonciso l’ottavo giorno, della razza d’Israele, della tribù di Beniamino, ebreo figlio d’Ebrei; quanto alla legge, fariseo; 6 quanto allo zelo, persecutore della chiesa; quanto alla giustizia che è nella legge, irreprensibile. 7 Ma ciò che per me era un guadagno, l’ho considerato come un danno, a causa di Cristo. 8 Anzi, a dire il vero, ritengo che ogni cosa sia un danno di fronte all’eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho rinunciato a tutto; io considero queste cose come tanta spazzatura al fine di guadagnare Cristo 9 e di essere trovato in lui non con una giustizia mia, derivante dalla legge, ma con quella che si ha mediante la fede in Cristo: la giustizia che viene da Dio, basata sulla fede. (Filippesi 3:3-9)

Il secondo brano che rievoca si trova in Deuteronomio 30:11-14:

11 Questo comandamento che oggi ti do, non è troppo difficile per te, né troppo lontano da te. 12 Non è nel cielo, perché tu dica: “Chi salirà per noi nel cielo e ce lo porterà e ce lo farà udire perché lo mettiamo in pratica?”. 13 Non è di là dal mare, perché tu dica: “Chi passerà per noi di là dal mare e ce lo porterà e ce lo farà udire perché lo mettiamo in pratica?”. 14 Invece, questa parola è molto vicina a te; è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica.

Dicendo che la Sua Parola non è così lontana dall’uomo da dover mandare qualcuno in cielo o nell’abisso per cercarla e, significa che è vicina tramite appunto la fede per mezzo dell’opera di Cristo! 

Paolo lo spiega bene ai v. 6-8: Gesù è colui che è venuto dal cielo ed è risorto dai morti e l’ha portata fino a noi.  Lui ha fatto tutto e lo ha fatto perfettamente!

Questo é il messaggio della FEDE. Questa è la via che Dio ha aperto per noi che non meritavamo nulla! Attraverso Cristo, Dio ha portato la sua salvezza vicino a tutti e ora non abbiamo più bisogno di arrampicarci fino in cielo per averla o cercarla nei posti più lontani per trovarla! E’ qui presente davanti a noi, vicino a noi, può essere nel nostro cuore, dice Paolo. E’ a nostra disposizione e quello che siamo chiamati a fare è afferrarla per fede!

I versetti 9-10 ci dicono cos’è la vera fede. Dire: “ho confessato Gesù come Signore” non è un semplice riconoscimento del fatto che Gesù è Dio e Signore dell’universo perché anche i demoni credono questo. Si tratta invece, di un riconoscimento profondo e senza riserve della signoria e della sovranità di Gesù sulla propria vita. Questa espressione racchiude in se l’idea di ravvedimento dal peccato, di fiducia in Gesù per la salvezza e di sottomissione a lui come Signore. Questo è l’elemento volitivo della fede: una scelta del cuore. Ma non è riferito solo al fatto che è salito in croce e morto per noi, ma che è anche risuscitato dai morti, perché la resurrezione di Cristo fu la corona del suo ministerio. La fede in questo è necessaria per la salvezza perché è la dimostrazione che Cristo è ciò che dichiarava di essere e che il Padre ha accettato il suo sacrificio come sostituto dei peccatori. Infatti il v. 9 lo afferma chiaramente:

perché, se con la bocca avrai confessato Gesù come Signore e avrai creduto con il cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvato

Nel v. 11 Paolo cita Isaia 28:16:

Perciò così parla il Signore, DIO: «Ecco, io ho posto come fondamento in Sion una pietra, una pietra provata, una pietra angolare preziosa, un fondamento solido; chi confiderà in essa non avrà fretta di fuggire.

Qui troviamo un grande incoraggiamento: tutto ciò che Dio promette corrisponde a verità e immutabilità, perciò non ci potrà mai essere delusione in a causa sua.

Questa salvezza non è per pochi eletti o per una sola razza o un solo popolo, ma per tutti senza distinzione (v.12-13).

 

LA FEDE TROVA LA SUA RISPOSTA NELLA PAROLA DI DIO (v.14-21)

Il messaggio principale che Paolo vuole comunicare con questa serie di domande retoriche è che, una chiara comunicazione del vangelo deve precedere la vera fede salvifica. E la vera fede salvifica ha sempre come contenuto l’intera Parola rivelata di Dio. Quindi la salvezza giunge a coloro che odono e credono ai fatti dei vangeli (v.17):

Così la fede viene da ciò che si ascolta, e ciò che si ascolta viene dalla parola di Cristo.

In questi versetti Paolo pone alcune domande retoriche. Dice che secondo alcuni messaggio del vangelo non era arrivato al popolo. Molti non ebbero la possibilità di sentirlo o non compresero. Paolo risponde tornando ancora una volta all’Antico Testamento e riconferma che le cose erano già state dette e annunciate e che non c’è ingiustizia nei piani di Dio. Al v.21 conferma che Egli ha continuamente teso le sue mani con pazienza ma Israele è stato sempre disubbidiente e contestatore. 

Consideriamo alcune implicazioni pratiche:

  1. L’incoraggiamento fatto da Paolo ai Romani di credere con fede al vangelo è per noi ancora oggi prima di tutto per chi non crede per ottenere salvezza, ma anche per noi che crediamo già in Gesù per la salvezza della nostra anima. Non dubitiamo del suo amore, della sua potenza, della sua giustizia, della sua grazia, anzi ci incoraggia rinnovare una fede sempre più forte perché chi crede non sarà deluso. 
  2. Nei v.14-15 c’è un richiamo e un invito ad essere impegnati a predicare il vangelo, perché la fede è suscitata dall’udire la Parola di Dio. E’ una vocazione di tutti coloro che confessano Gesù come proprio Signore e Salvatore, non è una opzione. E’ un comandamento che il Signore rivolge anche a noi.
    Non solo è un comandamento, ma dovrebbe essere anche un privilegio e una gioia poter far conoscere l’amore che Dio ha verso le persone perché noi stessi ne abbiamo beneficiato per primi.
  3. Il v. 20 è un richiamo alla riconoscenza perché ci ricorda la bontà e la grazia che ha rivolto a noi quando ancora non lo cercavamo e non ci interessavamo minimamente a lui. Nonostante lo odiavamo ci ha cercati e ci ha chiamati a se adottandoci come suoi figli. Questo deve fare nascere in noi un profondo sentimento di umiltà e di riconoscenza verso il Signore Gesù
    Noi infatti, siamo il frutto di questa affermazione di Dio fatta ad Isaia, che vanto ne abbiamo, nessuno, è solamente per la grazia di Dio che si è manifestata con misericordia ed amore verso “persone che non erano ma che ora sono”. 

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